Qualche pensiero sopra la santità, la santità. Non è un lusso la santità per nessuno. E’ un dovere, una necessità per tutti la santità. Vedete, l’Ave Maria incomincia: «piena di grazia». E il mistero della grazia l’abbiamo non considerato ma almeno messo in cuore, il mistero della grazia. «Piena di grazia». E ministro della grazia sono io Prete. E la grazia…per avere la grazia Dio si è fatto uomo, per dare la grazia all’uomo.

Ma Dio si è fatto uomo anche per santificare l’uomo. Caduto nel peccato, dopo aver perso la grazia, ecco la redenzione. Si è fatto uomo perché l’uomo diventasse Dio: «Dii estis» (Gv 10,34); Gesù Cristo lo dice, no? Non l’avete letto nella Scrittura: «Voi siete dèi?» (Sal 81,6), divinizzato, l’uomo divino. Dio-Uomo, l’uomo divino. Santo. Pieno di grazia, santo. La seconda parte dell’Ave Maria, non dimenticatela mai, qual è? «Santa Maria». Santa. Prima, «piena di grazia», prima parte dell’Ave Maria; seconda parte: «Santa, santa, santa Maria». Riflesso della santità di Dio. Santa. Ecco, cominciando l’Ave Maria «piena di grazia», e io sono ministro della grazia. Non dimenticare che per dare la grazia all’uomo, liberandolo dal peccato e divinizzarlo, il Padre ha sacrificato il Figlio. Mica poco. L’unico vero bene.

La seconda parte dell’Ave Maria: «Santa». O sei santo o sei niente. Dio non voglia che sia non niente ma un corruttore. A che cosa serve il sale insipido? Ad essere buttato via, più niente. A che cosa serve una luce, una lampadina spenta? Tutti sono nel buio. Dunque la santità non è un lusso per nessuno. La Chiesa col Concilio è partita solennemente, prima di tutto, con questa tesi che è nel più grande documento del Concilio, nella Lumen Gentium: la vocazione universale è la santità. Perché nel passato sappiamo con quale criterio si pensava alla santità. No? Era dei privilegiati, era di qualcheduno, e insomma c’era la serie A e la serie B degli uomini. No, no. Se siamo tutti figli di Dio c’è solo una serie A e non una serie B. Se c’è una serie B è perché ci mettiamo noi in serie B. Ma davanti a Dio no. No! Egli ha sacrificato il Figlio per suo amore e lo ha sacrificato per tutti. Tutti, tutti. Dunque, il richiamo della santità: «Santa Maria».

Mi ricordo l’eredità lasciata da Schuster ai suoi seminaristi di Venegono, ormai era alla fine della vita. Si era ritirato là in seminario e qualche giorno prima che morisse i chierici sono andati a fargli festa sotto la finestra, perché non scendeva ormai più dalla camera. Si è affacciato alla finestra e dice: «Voi siete venuti a chiedermi una parola, io ve la dico: siate santi! Vedete, il mondo sembra tanto distratto e tanto corrotto, però dove passa un Santo, là dove c’è un Santo, vivo o morto, la gente corre. Ricordatelo, cari chierici». La gente sembra che non creda più a niente, ma là dove c’è un Santo, vivo o morto… Prendete per un esempio, che fa torto a nessuno e fa bene a tutti, padre Pio. Là dove c’è un Santo la gente corre e si inginocchia. E si inginocchia. La santità. Questo è stato… tutto il resto vale relativamente. Queste cose facciamo bene a pensarle noi e quindi a chiederle alla Madonna: Fammi santo! Fammi santo! Non abbiamo paura. Non è che noi ci facciamo santi, lasciamoci fare santi. E’ lì il brutto o il bello che, non solo alle volte non ci vogliamo fare santi, ma non ci lasciamo fare santi, perché santi non ci facciamo noi. No! E’ l’iniziativa di Dio Padre col Figlio e con lo Spirito Santo.

Tutta la Trinità che è partita per fare santo l’uomo, dopo che si era perduto perdendo la grazia. «Siate santi, perché io sono santo» (Lv 11,44). Dunque il primo impegno dell’uomo, la prima vocazione dell’uomo dinanzi a Dio è la sua santità. Poi sia spazzino, sia re, poco conta. Ma una cosa è certa, che re e spazzino davanti a Dio, sono chiamati ad essere santi. «Perché io sono santo». Ed ecco allora il primo comando di Dio: «Siate santi», tutti, indistintamente, perché «ego sanctus sum». La santità è per tutti. E dobbiamo ringraziare lo Spirito Santo che ha fatto questa bella professione nella Chiesa al Concilio e ha tolto certe idee non giuste, non esatte per cui l’umanità si divideva davanti a Dio in privilegiati e non privilegiati. Insomma… Dio ama uno a uno i suoi figli, anche se c’è un Beniamino, anche se c’è un San Giovanni evangelista… ma ama tutti. Quello che «diligebat» (Gv 13,23) è per tutti, non è solo per San Giovanni evangelista. Secondo. E’ il primo comando di Gesù la santità: «Siate perfetti come il Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,48). «Siate perfetti», primo comando di Gesù a tutti, il primo precetto. E la Madonna, la Madre di famiglia, «piena di grazia», secondo: «Santa, Santissima». 10 Ø 10 × Quindi, un Padre Santo, un Fratello, Cristo, Dio fatto uomo per la santità nostra. E Maria Santissima. Adesso però per assicurare la santità, perché tutti siamo persuasi, abbastanza facilmente che la santità è il primo comando di Dio, ci ha creati per la santità, «per essere santi e immacolati al suo cospetto» (Ef 1,4), cioè per il paradiso. La santità è lo stato del paradiso. Là sarà gloria, qui è cammino, è costruzione. Siate santi per santificare.

Il Sacerdote, ministro della grazia, è il santificatore per vocazione e per missione speciale. Con lui, ma con stacco, ma sempre però impegnati per la santità, sono i genitori: mamma e papà. Dio si è servito di voi per mettere al mondo un figlio, il vostro figlio è chiamato alla santità. Non dimenticatelo. E purtroppo oggi questo non passa nemmeno per la mente dei genitori. E ci vuole tutto a far capire a chi si sposa, almeno almeno osservi la legge naturale, altro che santità! Eppure questi concetti bisogna rimetterli e dobbiamo predicarli, abbiate pazienza! E’ inutile stare lì a girellare. No, no! Io, Prete, sono l’eletto in Cristo per la santificazione dell’umanità, perché risponda al primo comando e volontà di Dio. Ma anche i genitori con noi. Ed ecco che il Sacerdote e i genitori sono le due colonne che guidano e reggono l’umanità. Prete e famiglia. Famiglia col Prete, Prete con le famiglie. Questa è la Santa Famiglia! Prete con la famiglia: Maria e Giuseppe; e Maria e Giuseppe con Gesù, Prete. Sono le due colonne che reggono l’umanità. Sacerdote e genitori: Famiglie e Gesù Sacerdote.

L’Istituto «Gesù Sacerdote» unisce a sé la Santa Famiglia. Ma non è una questione di idea… No! E’ volontà di Dio. E’ volontà di Dio. «Dio ha mandato il suo figlio, nato da donna» (Gal 4,4) in una famiglia: Gesù Cristo. E Gesù Cristo cresce e si prepara alla sua missione e chiama in collaborazione, primi collaboratori alla sua missione Maria e Giuseppe, i suoi genitori. Questo è il mistero di Dio. Un Prete che non si cura delle famiglie è fuori ordine. Perché Gesù Cristo ha pure abbracciato i bambini, certamente. Ma non dimentichiamo che è stato in una famiglia e si è servito dei suoi genitori: la famiglia. Quindi i primi collaboratori del Prete sono i genitori, non i giovani e i bambini. Tutti sono collaboratori, ma voi li trovate tutti in famiglia. Lì incomincia l’uomo, lì incomincia la storia dell’uomo che è storia di Dio, in famiglia con la nascita di un figliolo. E lì incomincia il Prete. La via regale della santità: la consacrazione Per la santità, ecco, c’è un dono particolare, offerto da Dio: la consacrazione. La consacrazione è quel dono privilegiato che il Signore offre Lui con amore di predilezione. Tutti chiamati alla santità, tutti hanno grazia per la santificazione in Cristo Gesù.

Papa Giovanni XXIII ha detto: “La strada regale della santificazione è la consacrazione”. La Madonna è una consacrata, Cristo è consacrato del Padre. La Madonna era consacrata, Giuseppe? Un consacrato. Ed ecco che nel Vangelo Gesù viene a dire al giovane che si presenta, un bravo giovane, un bravo giovane che gli chiede: «Che cosa devo fare per avere la vita eterna?» (Mc 10,17-22). Praticamente era come dire: Cosa devo fare per essere santo? Vale l’equivalente. Gesù dice: «Osserva i comandamenti». E glieli enumera tutti e dieci. E il giovane, dopo averlo ascoltato, dice: «Tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Era ancora giovane, ma dall’infanzia. Quindi, a questo punto, Gesù dice: Osserva questo e vai in paradiso. Mi sta bene. Ma poi, ecco il punto. Gesù guardò quel giovane con uno sguardo di amore, di predilezione: «Intuitus dilexit», che è intraducibile. «Intuitus», io direi lo ha come folgorato, non solo guardato dal di dentro, nel profondo con il suo amore. «Intuitus» e lo amò, e gli dice, perché il giovane aveva domandato: «Io queste cose le ho sempre osservate. Che mi manca?». La domanda che fa il giovane a Gesù: «Che mi manca?». Allora Gesù risponde: «Ti manca una cosa sola, per essere perfetto, per essere perfetto ti manca una sola cosa». E questo lo dice… i tre evangelisti, tutti e tre raccontano questo fatto. Il primo Matteo, fa la domanda il giovane: «Che mi manca?» (Mt 16,20), fa lui la domanda a Gesù: «Ma che mi manca? Ho osservato sempre». Gli altri due evangelisti, uno dice: «Una cosa ancora ti manca» (Lc 18,22), e l’altro dice: «Una cosa sola ti manca per essere perfetto» (Mc 10,21).

E la perfezione è il dono della consacrazione che si esprime attraverso i tre consigli evangelici: «Va’, vendi…». Quel giovane, qui… ci vorrebbe un corso di Esercizi non una predica. Quel giovane non ha visto né lo sguardo di Gesù che lo amava con predilezione, ha visto niente, non ha sentito niente, o meglio, ha sentito: «Va’, vendi…». A queste parole si è fatto triste. Invece di rallegrarsi si è fatto triste. Perché non ha visto più niente; né ha visto Gesù Cristo, né ha visto se stesso. Ha visto solo le cose. Era ricco e si è fatto triste invece di rallegrarsi, ed è scomparso. Basta! Non per nulla la prima beatitudine è la povertà. Bloccati dalle cose del mondo e dal nostro io e dal mondo. Questo blocca la santità e manda a monte quell’amore infinito di predilezione: «Intuitus dilexit», va’ 11 Ø 11 × vendi… La consacrazione la fa Dio, non la facciamo noi. E’ un atto d’amore, di predilezione di Dio in Cristo. E’ Lui che ci consacra con lo Spirito Santo. Ma vuole da parte nostra una offerta. Al Signore possiamo dare i frutti della nostra vita. Le nostre opere sono i frutti del nostro albero. Ed è bello. E il Signore dice: Mi sta bene. Però, nel mio amore, ti chiedo di più: Mi vuoi offrire anche l’albero e non solo i suoi frutti? Ecco la consacrazione: offrimi anche l’albero. Tu, tutto! Albero coi frutti. Questa è la consacrazione. Ed è quello che ha fatto la Madonna: «Sia fatto di me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Quello che fa Cristo di fronte al Padre. Ecco la consacrazione che si esprime con i Consigli evangelici. E’ un dono grande di Dio. La Lumen gentium dice: E’ un dono grande che Dio ha fatto alla sua Chiesa.

Il Papa dice: «Il cuore della Chiesa sono i consacrati». Io mi sono chiesto e me lo chiedo: Ma perché i Preti non hanno colto questo grande messaggio? Voi avete colto, ma non tutti colgono. Indifferenti. Ma nessuno deve essere santo come te. «La via regale della santità è la consacrazione». Ma non solo quella battesimale, quella si sa già; ma non solo quella della cresima, quella si sa già; non solo quella del tuo ordine sacerdotale, quello si sa già, ma questa è una consacrazione di predilezione per la santità, come figlio di Dio, come sacerdote o come coniuge: ed ecco anche i coniugi consacrati. Ma perché? Nella tua vocazione io ti do un dono in più che potenzia tutto quello cui ho dato a te. Molti Sacerdoti sapete perché non accettano la consacrazione? Perché hanno paura che la consacrazione li condizioni, li limiti. Invece la consacrazione che viene da Dio amplifica tutto, tutto! Dio non è mai per restringere, Dio non è mai per condizionare, Dio è per portare avanti. Carissimi, ecco. L’Istituto «Gesù Sacerdote», ognuno nel suo posto, non condizionato ma fatto più libero, più grande. Don Alberione amava i Preti, perché quando ha dovuto lasciare la diocesi per obbedire a Dio e fondare la Famiglia Paolina ha pianto. Quando il Vescovo gli ha detto: Caro mio, hai messo tanta carne al fuoco che adesso devi lasciare il seminario… Era direttore spirituale in seminario, professore in seminario, e via via. Adesso, senti: hai messo tanta carne al fuoco che devi andare a farla cuocere. In quel giorno ha pianto, non perché si distaccava dalla diocesi, ma perché lasciava quello che aveva portato sempre nel cuore: i Sacerdoti. E tutto…

Don Alberione, se lo capite, tutto ha fondato in servizio e in collaborazione dei sacerdoti. Sempre i sacerdoti. E siccome li amava, ad un certo punto è stato… Il primo è stato la «Regalità», il primo Istituto nella Chiesa per i sacerdoti consacrati della Università Cattolica, ma il secondo è stato don Alberione, il quale guidato dal Cardinale Larraona, gli dice: “Non fare un Istituto come quello del Sacro Cuore, fallo aggregato. L’asse portante è la Famiglia Paolina, è la Congregazione. Allora anche i Sacerdoti stanno più tranquilli, perché sono più sicuri, si sentono più sicuri. E hanno tutto il bene della Famiglia tua. Anch’essi condividono il bene di tutta la famiglia e sono aiutati ad avere una piattaforma per incontrarsi, per aiutarsi e per avere moltiplicata grazia anche di aiuti umani, perché il Prete vive anche su questa terra”. E allora fece l’Istituto aggregato. Ma l’Istituto… Noi abbiamo avuto più di cinquanta Vescovi ormai, perché anche i Vescovi devono farsi santi. E i Vescovi, quelli che capiscono che non sono condizionati, ma hanno più grazia da Dio che li ama, è un atto di predilezione. «Intuitus dilexit».

Te la offro io la perfezione, perché tu sia… Ti manca la perfezione, la santità, cioè quel più di grazia che amplifica anche la grazia del tuo sacerdozio per te e per gli altri. «Vieni!…» Allora ognuno ci pensi. Voi siete dentro: siate contenti, benedite Dio. Solo in paradiso saprete l’amore grande del Signore nell’avervi condotto all’Istituto «Gesù Sacerdote». Ma io direi a tutti i Sacerdoti, ma non per propaganda, perché se sono qui per fare propaganda il Signore mi chiuda la bocca subito. Se sono qui per annunziare un dono di Dio, me la spalanchi fino a centodieci anni! Pensateci anche voi che siete all’inizio, quanti più aiuti, quanto più conforto. «La via regale della santità, l’autostrada della santità», dice Giovanni XXIII, è la consacrazione. Non solo per i Religiosi, ma dice, specialmente per i Sacerdoti che sono diocesani. Che sono a lavorare nel mondo e che devono essere più aiutati e hanno bisogno anche di trovarsi e di amare i Sacerdoti e di essere amati. Beh, adesso basta! Scusatemi. Il Signore dia a questo giorno grande un più di grazia e di luce per benedire il Signore.

(Dalla Raccolta di meditazioni a cura di Amalia Usai, Roma 2013, volume II, pp. 31-37)