Il Paolino, in san Paolo, trova la via per accedere al Divin Maestro, con lo spirito di Paolo aspira ad arrivare ad una vera intimità con Dio.

San Paolo sta dinnanzi ai Paolini come la forma migliore per andare a Cristo e divenire Apostoli. Questo fa di lui il modello per i Paolini. Cioè è un modello immediato per accedere nell’integralità del Divino Maestro Via (imitarlo), Verità (conoscerlo) e Vita (pregarlo).

Tenere San Paolo tra i capisaldi nella vita della Famiglia Paolina fu una scelta ben curata. «Molto si era pregato prima di stabilire l’Istituto sotto la sua protezione» (FSP-SdC, 463). Don Alberione riconobbe san Paolo come un Santo che eccelle in santità ed insieme è mirabile nel suo apostolato. San Paolo seminava la parola ovunque arrivando a un maggior numero di persone, cioè egli è il santo dell’universalità (cf AD 64). Egli è il discepolo che sa lottare per il proprio progresso spirituale. Ha dovuto rivoluzionare tutto se stesso con una battaglia gigantesca, continua, con un unico fine: avere un cuore, quello di Cristo.

Conoscerlo a partire dagli scritti

Nella Visita Eucaristica, nell’entrare alla scuola del Divino Maestro, è necessario che il Paolino, oltre al Vangelo, approfondisca le lettere Paoline. Il Fondatore, invitando i Paolini a riconoscere in Paolo il loro padre e per meglio conoscerlo, scrisse: “Conosci il tuo Padre? Rassomigli a tuo Padre? Preghi il tuo padre?”.

«Chi trova la verità nella lettura, nello studio delle Lettere di S. Paolo, la prenda, ne ha diritto, deve aver parte nell’eredità del padre. Chi trova nella missione, nello zelo, nel cuore di S. Paolo qualche cosa di speciale, prenda quel cuore, è del padre e il cuore del padre è dei figli, ma se lo prenda tutto!» (FSP 32, 292).

La Famiglia Paolina deve considerare le Lettere Paoline come se fossero indirizzate a sé. Questa è la via per avere una consapevolezza che san Paolo è il nostro vero padre. Nel leggere l’epistolario, il Paolino irrobustisce l’anima perché familiarizza con lui e, pian piano, va acquistando il suo spirito.

«La sola lettura degli scritti paolini ottiene la grazia di divenire veri Paolini» (Pr SP 265). Ma conoscere Paolo è conoscere Cristo: “Togliamo a san Paolo Gesù Cristo, e non avrà più ragione di essere né la sua conversione, né la sua vita, né il suo apostolato, né le sue catene, né il suo martirio” (APim 145). Paolo è il discepolo che impara direttamente da Cristo, il Maestro. «Paolo, istruito da Gesù Cristo e illuminato in ogni passo dallo Spirito Santo, formò il corpo di dottrina, che chiamò ‘il suo Vangelo’» (DF 63). In questa visione vi sta la religione, dogma, morale ed il culto; in questa visione vi è Gesù Cristo integrale; per questa divozione l’uomo viene tutto preso, conquistato da Gesù Cristo. La pietà è piena ed il Religioso come il Sacerdote crescono così in sapienza (studio e sapienza celeste), età (virilità e virtù), e grazia (santità) fino alla pienezza e perfetta età di Gesù Cristo; fino a sostituirsi nell’uomo o all’uomo: “Vivo ego, iam non ego; vivit vero in me Christus”. In questa divozione convergono tutte le divozioni alla persona di Gesù Cristo Uomo-Dio (cfAD 160).

San Paolo predica nelle latomie, grotte dei cordari, di Siracusa (Francesco P. Priolo. Siracusa, Palazzo Bellomo).

Un esempio da imitare

Don Alberione rafforza la conoscenza con l’imitazione giacché senza questa sarebbe una semplice conoscenza e non una scienza che porta a Dio. Quindi, il Paolino deve imitare il suo padre: nella conversione, nella vita religiosa, nel senso vivo e vissuto di carità. Imitare Paolo significa avere la forma di Cristo. La vita di Paolo dopo Damasco non fu altro che una vita in Cristo: «Non vivo più io, ma Cristo vive in me».

Quindi, la formazione del Paolino ha un unico scopo: «Cristo vive, pensa, opera, ama, vuole, prega, soffre, muore e risuscita in noi» (DF 64). A Damasco la mente di Paolo si lasciò penetrare dalla mente di Cristo: egli si lasciò conquistare dal cuore di Cristo. Perciò il Paolino nell’imitare Paolo, imita la sua conversione di mente, di cuore e di volontà. È una conversione di mente perché entra nella conoscenza divina.

È una conversione di cuore perché “arde di amore per le anime” (PRs 149). È una conversione di volontà perché mette in moto la risposta a «Cosa vuoi che io faccia?». Paolo è un modello da imitare per la vita religiosa: «Lo stato religioso è descritto nella sua essenza, nei suoi doveri, nei suoi gradi, nei suoi meriti, nei suoi privilegi e nelle sue ricompense: tutto con i testi di san Paolo» (SVP 8). La sua povertà fa di lui un lavoratore esemplare e questo lo fa maturare nella povertà molto più che nell’abbondanza: sempre in Colui che gli da forza; la sua obbedienza lo condusse a fare, fin dall’inizio, la volontà di Dio.

Egli seppe unire la vita contemplativa e la vita attiva: «Ma così unì la vita attiva alla contemplativa, e visse la vita perfetta, la vita mista, l’una e l’altra ben contemperata. “Ora et labora” l’aveva nella maniera più sublime realizzata: meditava e contemplava, pregava e soffriva, in intima unione con Gesù, in modo che, morendo, dà la vita per le anime. Consideriamo tutta intera la sua fisionomia; sovente San Paolo ci è dato a metà: noi consideriamolo integro. La dottrina di San Paolo è sprone alla vita religiosa» (SVP 224).

Paolo è un modello da imitare nella carità. La carità di Paolo si espresse nella comunità, nella socievolezza che forma il corpo mistico di Cristo. «Il buon carattere è un complesso di virtù sociali che si riducono alla carità» (BM1,99). Così in questa unione di carità fraterna ispirata dal loro padre, la Famiglia Paolina va incontro al mondo per fare la carità della Verità. Da Paolo il Paolino impara «l’arte di ‘farsi tutto a tutti’ e quell’elasticità di adattamento tipica dell’Apostolo, dei suoi modi diversi di trattare gli uomini secondo le condizioni fisiche, intellettuali, morali, religiose e civili» (AE59). I l Paolino, sull’esempio di Paolo, fa a tutti la carità della verità.

Pregarlo con la fiducia dei figli

Per Don Alberione la preghiera rivolta a san Paolo è come il figlio che parla con suo padre. La preghiera è un modo di entrare in comunione con il padre che guida, intercede e illumina la mente e il cuore e fa della vita una pietà operosa. «Le pratiche di pietà a onore di san Paolo lo considerano come il primo interprete del Maestro divino, il santo che lo visse in ogni suo atto e nell’apostolato: colui che è divenuto per noi forma e padre » (CISP 163).

Il pensiero del beato Alberione riguardo alla sua ammirazione per san Paolo, al suo desiderio per cui voleva che la Famiglia Paolina fosse “Paolo vivo oggi” e soprattutto che l’esperienza di Paolo fosse la stessa esperienza per ogni Paolino, si sintetizza in questo testo: «Se San Paolo vivesse continuerebbe ad ardere di quella duplice fiamma, di un medesimo incendio, lo zelo per Dio ed il suo Cristo, e per gli uomini d’ogni paese. E per farsi sentire salirebbe sui pulpiti più elevati e moltiplicherebbe la sua parola con i mezzi del progresso attuale: stampa, cinema, radio, televisione.

Non sarebbe la sua dottrina fredda ed astratta. Quando egli arrivava, non compariva per una conferenza occasionale: ma si fermava e formava: ottenere il consenso dell’intelletto, persuadere, convertire, unire a Cristo, avviare ad una vita pienamente cristiana. Conoscete, amate, seguite il Divino Maestro Gesù. ‘Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo!’ (1Cor 11,1) (…) I figli hanno la vita dal padre; vivere perciò in lui, da lui, per lui, per vivere Gesù Cristo (…). Gesù Cristo è il perfetto originale; Paolo fu fatto e si fece per noi forma; onde in lui veniamo forgiati, per riprodurre Gesù Cristo. San Paolo-forma non lo è per una riproduzione fisica di sembianze corporali, ma per comunicarci al massimo la sua personalità: mentalità, virtù, zelo, pietà… tutto. La famiglia paolina, composta di molti membri sia Paolo-vivente in un corpo sociale» (ACV 62-62).

Gabriel A. Rendón Medina ssp