«Facciamo su noi stessi il segno della croce ed entriamo così nella potenza benedicente di Gesù Cristo; tracciamo questo segno sulle persone per cui desideriamo la benedizione; lo tracciamo anche sulle cose che ci accompagnano nella vita e che noi vogliamo ricevere nuove dalla mano di Gesù Cristo. Mediante la croce possiamo divenire gli uni per gli altri dei benedicenti.
Personalmente, non dimenticherò mai con quale devozione e con quale interiore dedizione mio padre e mia madre segnavano noi bambini con l’acqua benedetta, facendoci il segno della croce sulla fronte, sulla bocca e sul petto quando dovevamo partire, tanto più se poi si trattava di un’assenza particolarmente lunga. Questa benedizione era un gesto di accompagnamento, da cui noi ci sapevamo guidati: il farsi visibile della preghiera dei genitori che ci seguiva e la certezza che questa preghiera era sostenuta dalla benedizione del Redentore. La benedizione era anche un richiamo a noi, a non uscire dallo spazio di questa benedizione.
Benedire è un gesto sacerdotale: in quel segno della croce percepivamo il sacerdozio dei genitori, la sua particolare dignità e la sua forza. Penso che questo gesto del benedire, come piena e benevola espressione del sacerdozio universale di tutti i battezzati, debba tornare molto più fortemente a far parte della vita quotidiana ed abbeverarla con l’energia dell’amore che proviene dal Signore».
(Joseph Ratzinger – da “Introduzione allo spirito della liturgia”)