Padre Bartolomeo Sorge: «Natuzza Evolo, il fascino di Gesù al cuore dei semplici»

Nella nuova edizione della biografia di Roberto I. Zanini questo testo inedito dove il gesuita ricorda i suoi incontri con la mistica calabrese

Ho incontrato Natuzza due volte. La prima perché un editore mi aveva chiesto di scriverne la biografia. Io non la conoscevo e lui mi procurò un incontro. All’epoca vivevo a Palermo, dove dirigevo l’Istituto di formazione politica Pedro Arrupe, particolarmente inviso alla mafia, e sono dovuto andare a Paravati con la scorta. Natuzza mi ha accolto con semplicità. Ho visto un’anima umile, un’anima di Dio. Il profumo di Dio è l’umiltà. E l’umiltà in lei mi ha molto colpito: era convintissima di essere niente. «Non so parlare. Non conosco», diceva in dialetto e aggiungeva: «Padre, io sono un verme di terra».

«Perché questi fenomeni? Ma cosa vuole il Signore?», mi chiedevo, perché non potevo dubitare che ci fosse la mano di Dio. Per me era un mistero e i misteri non si possono capire… Anche quella volta l’incontro con Natuzza è stato molto gradevole. Mentre, fuori, sulla strada, c’era la gente che si accalcava. Chi voleva semplicemente baciarle la mano, chi dirle una parola… Guardavo dalla finestra e pensavo: «Cosa c’è in questa donna che attrae così tante persone?». E la domanda si aggiungeva al mistero. Mistero su mistero… Poi mi hanno accompagnato a vedere l’opera Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime, che era ancora in costruzione. C’era solo una piccola parte in piedi e, quando ho visto il cantiere in opera, ho avuto come un’illuminazione: «Ma questa è l’immagine di quello che il Signore sta facendo nell’anima di Natuzza!». (…)

Ecco, Natuzza io l’ho conosciuta così: Natuzza spiga evangelica. E quando ho avuto fra le mani questo libro, con la sua ricostruzione della figura di Natuzza attraverso il Vangelo, l’ho letto da cima a fondo, l’ho letto meditando e ho provato la stessa sensazione di Paravati. Sì, la storia di Natuzza è quella di un piccolo seme, gettato in terra e il libro ci mostra che cresce, pagina dopo pagina. Prima si vede lo stelo (la sua vita, la sua infanzia, la famiglia), poi la spiga, infine la spiga ricca di tanti chicchi buoni. Come sia avvenuta questa crescita né l’autore, né la stessa Natuzza mostrano di saperlo. Ed è bellissimo, questo!

Ma facciamo un passo avanti. Il libro sottolinea che, per comprendere in modo adeguato il messaggio della mistica di Paravati, non ci si può fermare a raccontare i fatti. È necessario tenere conto del tempo e del luogo nel quale sono avvenuti. Il messaggio di Natuzza va storicizzato. Come scrive Zanini, «Dio sceglie le persone in relazione a un disegno di salvezza universale e, in quanto incarnato, questo disegno ha una precisa collocazione nella storia». Come è vero! Natuzza è cresciuta in mezzo a noi, essere umano come noi: non dobbiamo dimenticarlo.

C’è un principio che occorre tenere presente: tutti i carismi, cioè i doni di Dio, grandi e piccoli, non sono mai soggetti a proprietà privata. Tutti i doni che Natuzza ha avuto sono stati concessi per l’edificazione della Chiesa. Tutti i doni di Dio sono finalizzati alla Chiesa, al bene degli uomini, alle necessità del mondo: spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 799. Già il Concilio, con la Lumen gentium, lo aveva sottolineato riprendendo san Paolo: «Lo Spirito Santo dispensa tra i fedeli di ogni ordine, grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi opere e uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa».

Ma perché tanto fascino, da dove viene? Qui torna utile, per avere una chiave di lettura, applicare a Natuzza quello che il Papa, scrivendo a Eugenio Scalfari (era il 4 settembre 2013), riferiva a Gesù. In quello scambio epistolare, Scalfari aveva detto di essere affascinato da Gesù, dalla sua bontà, dalla saggezza, dai messaggi di pace e di amore, ma di non poter arrivare a credere che fosse il figlio di Dio. Quindi aveva chiesto al Papa: «Santità, come ha fatto a credere che Gesù è Dio?». Nella risposta Francesco distingue fra l’intelligenza della ragione e l’intelligenza del cuore. E parlando del suo incontro con Gesù dice di essere stato colpito, leggendo il Vangelo, dal fatto che le parole di Gesù e i fatti che ne seguono dimostrano che Lui è «un esperto di Dio»: «Io e il Padre siamo una cosa sola».

È quello che è accaduto a Natuzza. La forza di Natuzza non sta nella simpatia naturale, nel buon senso, nei fatti che le accadevano e che suscitano curiosità, non è questa la exousìa! In lei c’era, c’è, quel fascino che mentre ti parla ti tocca il cuore! Il dono dello Spirito, che si serve della debolezza per manifestare la sua potenza. Il Signore va in cerca dei deboli, degli umili, perché si affidano, non si vantano. «Quando sono debole, è allora che sono forte» spiega San Paolo. Quindi quando parliamo di Natuzza debole, ignorante, piccola, povera facciamo l’elogio della sua santità. (…)

Natuzza è un dono di Dio in vista della nuova evangelizzazione, perché traduce in termini di religiosità popolare le verità teologiche, il messaggio profondo che il Concilio ha dato per la nuova evangelizzazione. Il suo stile di vita rende visibile e intelligibile a livello popolare l’ideale di cui ci parla papa Francesco: una Chiesa in uscita, missionaria, che Natuzza ha realizzato vivendo sempre in mezzo alla gente e privilegiando il contatto personale con le anime più umili senza mai chiedere nulla in cambio. Una Chiesa samaritana, ospedale da campo, che si china sulle debolezze, sulle infermità di ogni tipo, vivendo al servizio di tutti i sofferenti, nel corpo e nell’anima, fino alla costruzione dell’opera “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime”. È l’esempio concreto, “vissuto e popolare”, dell’ideale altissimo che il Papa prende dal Concilio e con coraggio profetico porta avanti. Ecco perché il Signore ha donato oggi alla Chiesa la spiga evangelica di Paravati.