«In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda» (Lc 1, 39). Questo è il versetto del Vangelo di Luca che è stato scelto come titolo della Gmg che si è conclusa ieri, domenica 6 agosto, a Lisbona. Un titolo che ha dato anche l’imprinting a tutta la manifestazione, grazie anche alle parole del Papa che su questo tema del muoversi in fretta, dal suo primo fino all’ultimo discorso, ha riflettuto e conversato con i giovani (circa un milione e mezzo) che hanno gioiosamente invaso le strade della capitale portoghese. Proprio nell’ultimo discorso, un saluto di ringraziamento ai 25.000 e più volontari, il Pontefice ha sottolineato che il muoversi in fretta ha a che fare con l’amore, perché «Chi ama non sta con le mani in mano, chi ama serve, chi ama corre a servire, corre a impegnarsi nel servizio agli altri. E voi avete corso, avete corso parecchio, in questi mesi!» e ha aggiunto un’importante distinzione: «Avete corso tanto, non però con la corsa frenetica e senza meta che a volte è quella del nostro mondo, no, voi avete corso in un altro modo, avete fatto una corsa che porta incontro agli altri per servirli in nome di Gesù».

Ed è vero: c’è corsa e corsa. Come c’è fretta e fretta. Ci può essere la fretta benedetta di Maria che corre dalla cugina Elisabetta, ma anche una fretta “indiavolata” di chi corre sempre nella vita ma senza una meta, solo per arrivare prima degli altri, come a voler coprire, con la sua prestazione vincente, una zona d’ombra fatta di insicurezze e di paure; c’è una corsa che è quella di Zaccheo (che il Papa ha citato in questo suo ultimo discorso) che scende dal sicomoro per accogliere Gesù e c’è la corsa-fuga dell’empio di cui parla il libro dei Proverbi: «L’empio fugge anche se nessuno lo insegue» (28, 1), una corsa che è una fuga da se stesso, che, chissà, forse Zaccheo conosceva bene fino a quel giorno a Gerico quando Gesù gli venne incontro.

Spesso l’uomo corre, ma verso dove? per quale motivo? Il più grande degli eroi dell’antichità classica era famoso per la corsa: Achille, detto “piè veloce”. La sua era una corsa verso la gloria, la potenza marziale. Nella metà dell’800 negli Stati Uniti ci fu la corsa verso la frontiera del Far West, ed era soprattutto una corsa all’oro, scoperto in California. Una corsa di avidità. Ancora oggi infine si parla, tragicamente, di “corsa agli armamenti”: una corsa anche questa per la gloria e il potere militare.

Ci sono per fortuna altri tipi di corsa, di fretta. Il Papa ha più volte evidenziato l’importanza dei due momenti che costituiscono una corsa: la partenza, cioè l’origine, e la meta. Cosa spinge l’uomo e cosa lo attira, queste sono le domande da porsi, per comprendere che la risposta spesso coincide. Due esempi della Bibbia dicono in modo eloquente questa verità del muoversi in fretta legata all’amore che per il cristiano equivale all’incontro con Gesù. C’è l’esempio di Paolo, uno strenuo “corridore” di Cristo che ai cristiani di Filippi può dire con gioia: «Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto, questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù. (Ef 3, 13-14). La sua corsa nasce e tende verso la gioia del Vangelo, di cui ha parlato il Papa in questi giorni ai giovani dicendo che «la gioia è sempre missionaria».

E prima ancora di Paolo, Pietro. Corre anche lui ma lo fa «insieme», un’altra parola chiave per comprendere il messaggio che il Papa ha consegnato ai giovani di Lisbona: «Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro» (Gv 20, 4). Pietro, più anziano, corre insieme a Giovanni, il più giovane degli Apostoli, e i due, con i loro passi ben differenziati, hanno una meta comune: il sepolcro. La loro non è ancora una gioia ma è una grande speranza, già pronta a tramutarsi in gioia. Questa immagine di Pietro con il giovane Giovanni che arriva prima (e si ferma e lo attende) può rendere efficacemente la scena che si è svolta in questi cinque giorni in terra portoghese: il successore di Pietro, l’anziano Papa Francesco, che ha camminato instancabilmente insieme ai giovani che sono corsi qui, da tutto il mondo, per incontrarlo e ascoltarlo. E insieme si sono messi in ascolto di Gesù e di Maria e così, durante la veglia di sabato sera, oltre un milione di giovani sono rimasti a lungo in silenzio per adorare, insieme al Pontefice, il mistero grande di un Dio fatto uomo, che ha corso in fretta la sua vita per “portare il fuoco” di un annuncio di una grande gioia per tutti, proprio tutti, gli esseri umani, e così risvegliarli e invitarli a incendiare il mondo percorrendolo fino ai confini della terra. (andrea monda)

di ANDREA MONDA