Nuovo beato. Piacenza celebra don Beotti ucciso dai nazisti. «Incarnò il Buon Pastore»

A scoprire l’immagine del parroco martire è stato un suo cugino di 103 anni, anch’egli sacerdote. L’urna con le reliquie portata invece da quattro giovani preti freschi di ordinazione

È stato il cugino don Olimpio Bongiorni, 103 anni, a svelare simbolicamente, questo sabato, nella Cattedrale di Piacenza il dipinto del nuovo beato don Giuseppe Beotti, ucciso il 20 luglio 1944 dai nazisti a Sidolo di Bardi e riconosciuto martire in “odium fidei”. Il sacerdote più anziano della diocesi, entrato in Seminario proprio in forza della sua testimonianza. E quattro di recente ordinazione a portarne in processione l’urna con le reliquie, che da domani sarà custodita nella chiesa di Gragnano Trebbiense, dove è maturata la sua vocazione.

Don Giuseppe Beotti ha incarnato il Buon Pastore della parabola evangelica, che «non dà solo il pascolo al suo gregge, ma offre se stesso come cibo», ha richiamato il cardinal Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle cause dei santi, nell’omelia della Messa con il rito di beatificazione, concelebrata dal vescovo di Piacenza-Bobbio Adriano Cevolotto e dal vescovo emerito Gianni Ambrosio. E non a caso il Vangelo scelto è stato quello del Buon Pastore, lo stesso della Messa d’ingresso di don Beotti come parroco di Sidolo, il 21 gennaio 1940.

«Dopo venti giorni – ha sottolineato il cardinale Semeraro, che ha presieduto anche la cerimonia di beatificazione svoltasi in Polonia – ecco che la Chiesa ha un altro beato che ha praticato l’ospitalità ed ha aiutato chi era maltrattato, quasi che fosse suo compagno di patimenti».

L’ospitalità è la cifra del ministero di don Giuseppe fino all’ultimo. A Sidolo trova rifugio il chierico Italo Subacchi, orfano, sfollato dal Seminario di Parma. La vigilia del martirio, in canonica è accolto il parroco di Porcigatone don Francesco Delnevo. Poco prima, don Beotti aveva aperto la porta a otto giovani borgotaresi, disertori della Repubblica Sociale. All’alba del 20 luglio aveva fatto il giro della case per chiedere pane e sfamarli, un gesto dal valore simbolico – ha fatto notare il cardinal Semeraro – perché indica «l’unità tra esercizio del sacro ministero nella divina liturgia e impegno quotidiano della vita». Forse, proprio quella distribuzione mattutina, sul sagrato, intercettata dai tedeschi, fa precipitare gli eventi: la perquisizione, la lunga sosta sotto il sole, la fucilazione, a poche centinaia di metri dalla chiesa, con don Francesco e Italo, alle tre del pomeriggio. Altro dettaglio non casuale.