È provato e commosso papà Gino Cecchettin quando prende la parola al termine del funerale della figlia Giulia. Parla di chi resta, lui e i fratelli, e di chi non c’è più Giulia e mamma Monica “”vi immagino strette insieme, il vostro amore sia così forte da aiutare Elena, Davide e anche me”. Non manca un appello alle istituzioni e agli uomini in primis per combattere una piaga della società dilagante, il femminicidio

Sale sull’altare alla fine della celebrazione dei funerali della figlia Giulia, papà Gino Cecchettin per darle l’ultimo saluto «è ora di lasciarti andare» ed è commosso e provato, ma come sempre pacato tanto da scusarsi per non essere riuscito a dare riscontro a tutti in questi giorni di infinito dolore. Nel suo discorso, “cercherò le parole giuste” aveva detto nei giorni scorsi, trova la forza per fare un invito a tutti – nessuno escluso – a contrastare la violenza sulle donne. In prima fila lui, i figli Elena e Davide, e i parenti stretti, hanno tutti appuntato sulla giacca il fiocchetto rosso simbolo della lotta contro la violenza alle donne.

«Abbiamo vissuto un tempo di profonda angoscia: ci ha travolto una tempesta terribile e anche adesso questa pioggia di dolore sembra non finire mai» afferma papà Gino che ringrazia chi gli è stato vicino «ne avevamo bisogno» e le istituzioni. Ci racconta Giulia «era proprio come l’avete conosciuta, una giovane donna straordinaria. Allegra, vivace, mai sazia di imparare. Ha abbracciato la responsabilità della gestione familiare dopo la prematura perdita della sua amata mamma».

Accenna alla laurea “meritata” e afferma che nonostante la giovane età “era già diventata una combattente”. E poi sottolinea quella che, a tutti gli effetti, è una piaga dilagante della nostra società: «il femminicidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne». Poi l’appello, nella sua incredibilità lucidità, alle responsabilità; tante, ma una su tutte: «Quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, istituzioni, mondo dell’informazione».

Papà Gino sferza gli uomini «per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali». E si rivolge a chi è gentiore come lui: «insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte. Creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce un dialogo sereno perché diventi possibile educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, ad una sessualità libera da ogni possesso e all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro».

Poi con coraggio affronta una realtà ineluttabile: «In questo momento di dolore e tristezza, dobbiamo trovare la forza di reagire, di trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento. La vita di Giulia, la mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele, ma la sua morte, può anzi DEVE essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne. Grazie a tutti per essere qui oggi: che la memoria di Giulia ci ispiri a lavorare insieme per creare un mondo in cui nessuno debba mai temere per la propria vita».

Affida alle parole di una poesia di Gibran le conclusioni per iscpirarci a come “bisognerebbe imparare a vivere”: La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia. 

Poi è il momento dell’addio: «Cara Giulia, è giunto il momento di lasciarti andare. Salutaci la mamma. Ti penso abbracciata a lei e ho la speranza che, strette insieme, il vostro amore sia così forte da aiutare Elena, Davide e anche me non solo a sopravvivere a questa tempesta di dolore che ci ha travolto, ma anche ad imparare a danzare sotto la pioggia». E ancora: «Cara Giulia, grazie, per questi 22 anni che abbiamo vissuto insieme e per l’immensa tenerezza che ci hai donato». E conclude: «Io non so pregare, ma so sperare: ecco voglio sperare insieme a te e alla mamma, voglio sperare insieme a Elena e Davide e voglio sperare insieme a tutti voi qui presenti: voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite e voglio sperare che un giorno possa germogliare. E voglio sperare che produca il suo frutto d’amore, di perdono e di pace. Addio Giulia, amore mio».