«Io, segretaria di un Dicastero vaticano. Di donne la Chiesa ha bisogno»

Dal Mozambico alla Curia Romana, as colloquio con suor Simona Brambilla, la missionaria della Consolata scelta dal Papa come “numero 2” del Dicastero per gli istituti di vita consacrata

La pace per germogliare e crescere nel mondo ha necessità di una matrice imprescindibile: un rapporto sano tra uomo e donna. Ne è convinta suor Simona Brambilla, neo-segretaria del Dicastero vaticano per gli istituti di vita consacrata e le società di vita. La sua nomina è stata un inedito: la religiosa missionaria della Consolata 58enne è la prima donna a ricoprire tale incarico. Ed è la seconda religiosa a diventare segretaria di un Dicastero vaticano dopo suor Alessandra Smerilli al Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale.

Suor Brambilla, come vede questa novità? Crede che si tratti di un riconoscimento al ruolo delle donne nella vita consacrata?

E dal punto di vista personale come la vive?

Come una chiamata. Così l’ho sentita fin dal primo istante. Una chiamata che ha scombussolato le prospettive che intravedevo dopo il Capitolo generale di maggio-giugno 2023, concludendo 18 anni di servizio nel governo della mia Congregazione. Una chiamata a continuare a vivere la missione, in modo diverso, per, tra e con i consacrati e le consacrate. Sono arrivata in Dicastero all’inizio di dicembre 2023, avvertendo intensamente il bisogno di imparare da tutti e tutte, di essere aiutata ad entrare in questo nuovo ministero, di essere accompagnata dalla preghiera, dal sostegno e dalla pazienza di tutti e tutte. Ho trovato un ambiente molto accogliente, familiare, benevolo, che mi sta aiutando a compiere i primi passi di questo nuovo cammino.

Come il Papa aveva preannunciato il 30 novembre, parlando alla Commissione teologica internazionale sulla necessità di “smaschilizzare” la Chiesa, il 4 e 5 dicembre si è svolta la riunione del Consiglio dei cardinali, il cui tema principale è stato proprio quello della dimensione femminile della Chiesa. Credo sia questa una riflessione da continuare e ampliare da parte di tutti e tutte, ma anche da tradurre in un’effettiva prassi che passa sicuramente attraverso una maggiore partecipazione delle donne ai vari livelli della vita della Chiesa, ma necessita pure di un approfondimento attento della dimensione femminile della Chiesa e della missione in senso lato: modelli e dinamiche di pensiero, di affetto, di sensibilità, di spiritualità, di azione, di missione che incarnino le due dimensioni vitali del femminile e del maschile e tengano conto dell’interazione necessaria, benefica e benedetta fra esse.

Come missionaria della Consolata lei ha avu- to un’esperienza in Mozambico. Che cosa ci fa una missionaria in un Dicastero vaticano?

Ho avuto il dono di poter godere della bellezza del popolo Macua, nella provincia del Niassa, in Mozambico. La condivisione di vita con loro, pur breve nel tempo, mi ha profondamente trasformata, aprendomi orizzonti inediti sul piano umano, spirituale, missionario. Ho ricevuto tantissimo dalla gente con cui ho vissuto. E ciò che ho ricevuto, lo scambio vitale che per grazia si è realizzato, è inciso nel mio cuore. Quindi lo porto con me in Dicastero, e spero mi aiuterà a coltivare l’ascolto, il rispetto, il dialogo, la gratitudine, e a collaborare umilmente a costruire ponti e non barriere.

Come si legge nella relazione di sintesi dell’Assemblea del Sinodo, la comunità cristiana guarda con attenzione e gratitudine alle sperimentate pratiche di vita sinodale e di discernimento in comune che le comunità di vita consacrata hanno maturato lungo i secoli. Mi pare fondamentale ascoltare e far conoscere quelle esperienze di sinodalità che nella vita consacrata oggi esistono, si muovono e sono generative magari proprio nella piccolezza, nella semplicità, nel silenzio.

Qual è il suo augurio alla vita consacrata?

Ci sono due figure bibliche che negli ultimi anni mi hanno accompagnato particolarmente e la cui intensità e bellezza desidererei ricordare a tutti i consacrati e a tutte le consacrate: Rut, la moabita, e Noemi, sua suocera. Chiedo al Signore su tutti e tutte noi consacrati la benedizione di Rut e Noemi. Possa il nostro cuore essere integro, fedele e amante come il loro. Possano le nostre relazioni, le nostre comunità divenire focolari dove il fuoco di brace dell’intimità con Dio e fra noi ci riscaldi e conforti; possa il nostro cammino di ricerca essere percorso insieme; possano la nostra povertà e la nostra vulnerabilità divenire luogo dell’incontro autentico fra noi e col Signore; possano le nostre mani umilmente spigolare i preziosi semi che Dio ha sparso in ogni cuore, in ogni popolo, in ogni cultura; possa la nostra vita divenire grembo che genera, dove Dio ami anche oggi incarnarsi per amare, consolare, salvare. © RIPRODUZIONE RISERVATA Suor Simona Brambilla in Africa, prima di diventare segretaria del Dicastero per gli istituti di vita consacrata