Quattordici volte il nome di Gesù. Quattordici invocazioni che concludono i testi per la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo. Un coronamento delle meditazioni scritte per la prima volta in questo pontificato dal Papa in persona, diffuse ieri mattina, e proclamate durante l’avanzare della Croce tra le rovine dell’antica Roma. Francesco, però, ieri sera non era presente al Colosseo. Poco prima dell’inizio del rito, un breve comunicato della Sala Stampa della Santa Sede ha informato i giornalisti che «per conservare la salute in vista della Veglia di domani (oggi per chi legge) e della Santa Messa della domenica di Pasqua, papa Francesco seguirà la Via Crucis al Colosseo da Casa Santa Marta». Anche lo scorso anno Il Pontefice non partecipò fisicamente al rito per via del freddo intenso di quei giorni, reduce dal ricovero al Gemelli per una forte bronchite.
L’assenza del Papa è stata in qualche modo compensata dalle sue meditazioni, che come pietre miliari hanno scandito il cammino sulla via dolorosa, davanti a una folla silenziosa e orante (rafforzate le misure di sicurezza), misurata in 25mila persone. A portare la croce alcune suore di clausura e un eremita, una famiglia, persone con disabilità, sacerdoti confessori nelle basiliche romane, un gruppo di migranti, alcuni catechisti e giovani, parroci romani e operatori della Caritas diocesana. Era presente anche il cardinale vicario di Roma, Angelo De Donatis, che ha impartito la benedizione finale. Le fiaccole illuminavano il cammino.
In altri testi c’è anche l’esortazione a riconoscere «la grandezza delle donne, che ancora oggi vengono scartate subendo oltraggi e violenze». Papa Bergoglio denuncia nuovamente la «follia della guerra», dice di piangere di fronte alle tragedie del mondo e dà voce al dolore davanti ai «volti dei bambini che non sanno più sorridere, a madri che li vedono denutriti e affamati e non hanno più lacrime da versare. Tu Gesù – scrive nella meditazione sull’incontro delle donne di Gerusalemme con il Signore – ha pianto su Gerusalemme, hai pianto sulla durezza del nostro cuore. Scuotimi dentro , dammi la grazia di piangere pregando e pregare piangendo».
Il dialogo prosegue. E quindi a Gesù che grida il suo abbandono sulla croce (undicesima stazione) il Papa chiede: «Fa’ che ti riconosca e ti ami nei bimbi non nati e in quelli abbandonati, in tanti giovani, in attesa di chi ascolti il loro grido di dolore, nei troppi anziani scartati, nei detenuti e in chi è solo, nei popoli più sfruttati e dimenticati».
Le invocazioni si susseguono. «Guarisci il mio cuore e dai senso al mio dolore. Risanami dal livore e dal risentimento. Liberami dal sospetto e dalla sfiducia. Aiutami ad amare e perdonare, a superare l’insofferenza e l’indifferenza, a non lamentarmi». Gesù, prosegue il Pontefice, ti presento i pastori del tuo popolo santo: la loro preghiera sostiene il gregge; trovino tempo per stare davanti a te, conformino il loro cuore al tuo. Ti benedico per le contemplative e i contemplativi, la cui preghiera, nascosta al mondo e a te gradita, custodisce la Chiesa e l’umanità. Porto davanti a te le famiglie e le persone che stasera hanno pregato dalle loro case, gli anziani, specialmente quelli soli, gli ammalati, gemme della Chiesa che uniscono le loro sofferenze alla tua».
Il Papa poi, auspica che questa sua «preghiera di intercessione raggiunga le sorelle e i fratelli che in tante parti nel mondo soffrono persecuzioni a motivo del nome di Gesù; coloro che patiscono il dramma della guerra e quanti, attingendo forza in te, portano croci pesanti. E infine, invoca ancora, «liberami dai giudizi temerari, dai pettegolezzi e dalle parole violente e offensive».
Sono testi di grande profondità spirituale. Ad esempio, quello in cui Francesco (nona stazione, Gesù è spogliato dalle vesti, unica modifica all’impianto tradizionale delle stazioni) ricorda che è possibile anche oggi vedere Gesù crocifisso «nei cristi umiliati dalla prepotenza e dall’ingiustizia, da guadagni iniqui fatti sulla pelle degli altri nell’indifferenza generale. Ti guardo, Gesù, spogliato delle vesti, e capisco che m’inviti a spogliarmi di tante esteriorità. Metti a nudo anche me. Perché è facile parlare, ma poi io ti amo veramente nei poveri, tua carne ferità?».
«Ora capisco – commenta nell’ambito della stessa stazione – questa tua insistenza nell’immedesimarti coi bisognosi: tu sei stato carcerato; tu straniero, condotto fuori della città per esser crocifisso; tu sei nudo, spogliato delle vesti; tu, malato e ferito; tu, assetato sulla croce e affamato d’amore. Fa’ che ti veda nei sofferenti e che veda i sofferenti in te, perché tu sei lì, in chi è spogliato di dignità».
Diverse meditazioni fanno riferimento alla potenza della preghiera. Così, quando parla di Giuseppe d’Arimatea, che chiede il corpo di Gesù a Pilato (quattordicesima stazione). «Giuseppe, ricordaci che la preghiera insistente porta frutto e attraversa persino il buio della morte; che l’amore non rimane senza risposta, ma regala nuovi inizi. Il tuo sepolcro che – unico nella storia – sarà fonte di vita, era nuovo, appena scavato nella roccia». E a commento di questa stazione Francesco invoca: «Di me pigro a convertirmi, abbi pietà Signore. Del nostro mondo infestato dai sepolcri dell’egoismo, abbia pietà Signore». «Soprattutto ricordami, Gesù, che la mia preghiera può cambiare la storia», scrive nella dodicesima stazione (quella del buon ladrone).
Delicatissimo è anche il rapporto con la Madonna, di cui il Papa è devotissimo. «Maria, noi siamo poveri di “sì” e ricchi di “se”: se avessi avuto genitori migliori, se fossi stato più compreso e amato, se mi fosse andata meglio la carriera, se non ci fosse quel problema, se solo non soffrissi più, se Dio mi ascoltasse… Perennemente a chiederci il perché delle cose, fatichiamo a vivere il presente con amore. Tu avresti tanti “se” da dire a Dio, ma dici ancora “sì”. Forte nella fede, credi che il dolore, attraversato dall’amore, porta frutti di salvezza».
Ecco, proprio qui è il senso ultimo di queste meditazioni. Che se, come in tutte le via crucis, arrivano ad accompagnare Cristo fino alla deposizione nel sepolcro, già fanno intravedere la gioia della risurrezione. «Fai della croce, emblema del supplizio – conclude il Pontefice -, l’icona dell’amore; del muro della morte un ponte sulla vita. Tu trasformi le tenebre in luce, la separazione in comunione, il dolore in danza, e persino il sepolcro, ultima stazione della vita, nel punto di partenza della speranza».