Festina lente! Affrettati lentamente! C’è un’urgenza che preme, una realtà ancora sotterranea che fatica a emergere, invita all’ascolto. La crisi sistemica che stiamo attraversando non può trovare una via d’uscita rimanendo vincolati al passato, ma neppure proiettandoci vorticosamente verso un illusorio futuro. Chiede invece di aderire profondamente al presente per accogliere quanto, ancora in gestazione, cerca faticosamente di venire alla luce. Invita a vivere fino in fondo lo smarrimento, accettando di lasciare andare un assetto al quale la coscienza non corrisponde più. Mentre il vecchio sta mettendo allo scoperto tutte le sue contraddizioni, il nuovo non è ancora pronto per emergere. C’è un tratto buio da percorrere, è indispensabile fermarsi, attendere la spinta che viene dal profondo. Proprio in questo scarto che apre un baratro e spaventa, il presente matura il futuro. L’urgenza non chiede la ricerca spasmodica di facili soluzioni, ma l’attesa ferma, radicata, il coraggio di attraversare il vuoto. In questo passaggio epocale, da una parte possiamo scorgere la brusca frenata d’arresto di un andamento ormai fuori controllo, dall’altro la spinta che accelera il cambiamento, favorisce il risveglio delle coscienze, smobilita strutture soprattutto psichiche e mentali, formae mentis, si potrebbe dire sinapsi, che costituiscono vincoli ossificati estremamente difficili da smantellare. Solo lo Spirito può farlo. È urgente riportare al centro dell’attenzione la mistica. L’esperienza interiore conduce verso l’essenza, attiva i piani profondi, aiuta il processo di trasformazione. In quanto si riverbera nella coscienza, incide fortemente sul tempo e sulla storia. Si allude naturalmente a una mistica incarnata, a quell’esperienza interiore che costituisce l’accesso attraverso cui il divino si incarna nell’umano.
Un approccio spirituale all’Occidente preso nel suo insieme ne mette in chiara luce l’inconfutabile matrice evangelica. Non si tratta di rivendicarne le radici cristiane a sostegno di certe spinte ideologiche fondamentaliste volte a mantenere in piedi una visione del mondo che sta collassando. Si tratta al contrario di guardare secondo un’angolatura libera da schemi ideologici. È urgente riappropriarsi di quel connaturato anelito a purificare lo sguardo per vedere in maniera profonda, luminosa. Punto nodale la conversione della ragione dominante, materialista, riduzionista che ha messo ai margini ogni altro approccio alla conoscenza che non sia quello tipico della scienza sperimentale. La civiltà occidentale è cristiana per i principi che ha elaborato. È cristiana non solo alle radici, per l’annuncio da cui scaturisce, ma per quanto da esso è germinato. È cristiana fra i credenti come fra i non credenti e gli atei, è però altrettanto scristianizzata nella prassi. Allo stesso tempo è pervasa di semi di santità per la presenza di quel regno invisibile che misteriosamente la abita. Lo stesso mondo globalizzato è attraversato dalla forza dirompente di un annuncio che non può esaurirsi certo in una religione ma, in quanto universale, è diretto all’intera umanità. La forza della risurrezione accelera quel dinamismo attraverso cui il divino si incarna nell’umano, rivelandosi. Spalanca e richiude. Spinge in avanti, poi fa ritornare indietro dove la parte pesante fa fatica e resiste, si aggrappa ai propri limitati confini per proteggersi, per cercare di tenere. L’annuncio pervade l’umanità come i semi gettati che cadono sulla terra e attecchiscono dove trovano le giuste condizioni per poter germinare. Lo Spirito del Risorto penetra in coloro che si aprono ad accoglierne il fuoco in una costante Pentecoste. Il battesimo stesso è immersione nell’ardore di un amore puro che è Spirito, amore amante, amore che genera amore. Il sacramento ratifica e favorisce l’esperienza, come un’investitura che feconda, ma quello che conta è l’esperienza in sé stessa quando il tocco dell’amore puro è accolto. L’annuncio chiama a vivere il mistero nella sua verità sconfinata, chiede un approccio contemplativo alla realtà. La creazione non ha confini chiusi, è manifestazione visibile del Dio invisibile, è il libro non scritto, ma detto/fatto, è matrice. Credere di codificare quanto è misterioso e sempre oltre spegne il movimento dinamico della vita in una sterile rigidità di morte. Il cristianesimo svela dimensioni invisibili attraverso limiti finiti, realtà sovrannaturali attraverso realtà naturali. In quanto lenta ma costante incarnazione del divino nell’umano, scardina ogni forma di legame oppressivo, dilata, apre ciò che fa barriera, spinge ciò che frena. Una dialettica sottile governa la storia al di là dei suoi andamenti apparenti: la costante interazione fra mistica e coscienza. L’esperienza mistica scava, rivela. Fa germinare quanto ancora in gestazione. L’essere è sempre in sé stesso, ma la realtà si forgia secondo quanto l’occhio riesce a vedere. La creazione è un costante processo di svelamento che avviene nella coscienza via via che si fa profondo il punto di vista con cui l’occhio guarda. Guardando sempre più tersamente, sempre più esso vede nell’invisibile. Ogni tempo di passaggio, di smarrimento, richiede quella sosta contemplativa attraverso cui ciò che è misterioso possa rivelarsi, ciò che è in gestazione possa venire alla luce. Ma si svela, nasce, se qualcuno si ferma ad ascoltare. Non sono elaborate programmazioni a spingere la storia verso il suo compimento, ma la capacità di captare il nuovo che cerca di emergere dal vecchio proprio incarnandosi in chi si arrende lasciandosi aprire. Capacità è capienza. È vuoto che può essere colmato. Mistica e coscienza sono le coordinate del tempo vettoriale che tende verso una pienezza, che spinge l’evoluzione in quanto porta inseminato in sé il dinamismo dell’atto creativo che l’incarnazione fortemente accelera poiché conosce il proprio èschaton, in cui il mistero si svela tutto intero nella coscienza. Gesù Cristo costituisce la memoria permanente, sempre accesa e viva di questa coscienza che anela a risvegliarsi in ogni donna e in ogni uomo.