Il canone del Codice di diritto canonico citato dal decreto come oggetto del processo penale (in forma “extragiudiziale”) è il 1364, dove si afferma che «l’apostata, l’eretico e lo scismatico incorrono nella scomunica latae sententiae». Il decreto – firmato da monsignor John J. Kennedy, segretario per la sezione disciplinare del Dicastero – specifica che la decisione di avviare il processo è stata presa nel corso della riunione del Congresso del Dicastero tenuta lo scorso 10 maggio, dopo aver stabilito che l’indagine previa era «superflua» ai sensi del primo comma del canone 1717.
La notizia è stata ripresa con una breve nota da VaticanNews, ricordando come monsignor Viganò nel settembre 2018 era stato protagonista della clamorosa lettera sul caso del cardinale statunitense Theodore McCarrick, successivamente privato della porpora e dimesso dallo stato clericale, che si chiudeva chiedendo la rinuncia del Papa. Quella vicenda, comunque, «pienamente chiarita dalla Santa Sede con la pubblicazione di un minuzioso rapporto nel novembre 2020 che smentisce l’ex nunzio su tutta la linea», non risulta essere oggetto del documento del Dicastero per la dottrina della fede. Viganò viene invece accusato di non riconoscere la legittimità del Pontefice né quella dell’ultimo Concilio. Vatican News specifica che «il Dicastero per la dottrina della fede non ha commentato in alcun modo l’annuncio pubblicato sui social». E neanche la Sala Stampa della Santa Sede ha fornito ulteriori informazioni sulla vicenda.
Sulla vicenda è intervenuto il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin. Raggiunto all’Urbaniana dai giornalisti a margine di un Convegno sulla figura del cardinale Celso Costantini, il più stretto collaboratore di papa Francesco non si è sottratto alle domande sull’argomento. «Monsignor Viganò – sono state le parole del porporato vicentino – ha assunto alcuni atteggiamenti a cui deve rispondere. È normale che la Dottrina della fede abbia preso in mano la situazione e stia svolgendo quelle indagini che sono necessarie per approfondire questa situazione stessa. Ha dato a lui la possibilità anche di difendersi». Il cardinale Parolin ha voluto aggiungere anche una nota a livello personale. «Mi dispiace tantissimo – ha detto -, io l’ho sempre apprezzato come un grande lavoratore molto fedele alla Santa Sede, in un certo senso anche di esempio, quando è stato nunzio apostolico ha lavorato estremamente bene, cosa sia successo non lo so».