Quale padre tra voi…
se il figlio gli chiede un uovo,
gli darà uno scorpione? 
(Luca, 11, 11-12)

La frase completa di Gesù, che ora prendiamo in considerazione, comincia con un’immagine piuttosto chiara per descrivere l’amore del Padre celeste che si preoccupa dei suoi figli, anche se non sempre come essi vorrebbero a causa dei loro pensieri non del tutto perfetti. Si ha, infatti, questa espressione: «Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce?». L’immagine ha un suo senso: l’anguilla, ad esempio, assomiglia molto a una biscia, così come molti pesci sottili e flessuosi evocano la forma e il movimento delle serpi. L’evangelista Matteo aggiunge a questa un’altra figura, altrettanto coerente: «Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra?» (Matteo, 7, 9). Un ciottolo levigato e una pagnotta possono assomigliarsi.

Ma che senso ha, invece, il paragone che Luca introduce tra un candido e rotondeggiante uovo e un animaletto nerastro com’è il nostro scorpione? Ebbene, la risposta è ancora una volta, come in altri casi, da cercare nell’ambiente naturale in cui Gesù vive e parla. Egli, infatti, ama evocare (e le sue parabole ne sono una testimonianza illuminante) pesci, pecore, cagnolini, uccelli, serpi, avvoltoi, tarli, asini, buoi e altri elementi del paesaggio in cui i suoi uditori operano, naturalmente non fermandosi alla zoologia, interessandosi anche della botanica (semi, zizzania, grano, viti, fichi, senapa, gigli, querce, canneti e così via).

Ora, lo scorpione (‘akrab in ebraico, skorpíos in greco) è presente nella Terrasanta e in Siria in una dozzina di specie diverse dai vari colori, gialli, bruni, neri, rossi, a strisce e soprattutto biancastri. Questi ultimi, che possono raggiungere anche i 15 centimetri di lunghezza, quando s’arrotolano su se stessi nascondendosi nelle pietraie del deserto, assumono appunto la forma di un piccolo uovo e possono, perciò, trarre in inganno e, quindi, colpire col loro aculeo velenoso, che però non è mortale anche se doloroso e fastidioso. Ecco, allora, spiegata la comparazione di Gesù che perde, in questo modo, la sua apparente paradossalità o incongruenza.

A questo punto vorremmo aggiungere l’applicazione del paragone che è sorprendentemente diversa in Matteo e Luca. Il primo evangelista, infatti, più direttamente conclude: «Se voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono» (7, 10). Luca, invece, ha: «… quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono» (11, 13). Ancora una volta si dimostra come gli evangelisti non sono meri verbalizzatori delle parole di Gesù, ma cercano di scavarne e scovarne il senso profondo e l’applicazione vitale: ora, il dono dello Spirito Santo, che trasforma l’intero essere del fedele, non è forse la “cosa buona” per eccellenza?