Nella prospettiva della fede biblica il protagonista non è l’uomo, ma Dio: soprattutto se è chiamato a diventare “servo e apostolo”, il Signore lo strappa ai suoi calcoli e alla sue abitudini, amplia e trasfigura le sue aspettative troppo terra terra e si rivela inaspettatamente con proposte che sconvolgono la sua vita (Es 3, Is 6, 6-7; Ger 1, 4-10; At 9, 1-18…). Il Signore Gesù, infatti, non ci chiede solo qualcosa, un’apostolato da svolgere, ma tutto il nostro essere e la nostra vita; come PDDM non siete più vostre, ma serve di Dio (siamo di Cristo e Cristo è di Dio: 1Cor 3, 23).
Per questo motivo noi consacrati-apostoli abbiamo bisogno di riservarci un tempo per “essere”: tempo per la preghiera personale, la meditazione, per risultare “all’altezza” nello svolgere la missione affidataci. Altrimenti rimaniamo persone normali, lamentose e tristi. Noi consacrati abbiamo bisogno di riservare molto tempo per il Signore, perché è molto più importante ciò che Lui fa in noi di ciò che facciamo noi per gli altri: tenendo anche presente che il nostro stile di vita come apostoli è molto più importante di ciò che facciamo. Colui che deve dare molta acqua deve trattenersi più a lungo alla fonte. Certo, questa profonda unione con Cristo crea spesso tensione (cfr Mc 6; 2Cor 12,7-10), ma è l’unica via per risultare fecondi dando Cristo, perché solo Lui è Redentore: “non quello che viene da sangue e da carne salva l’uomo, ma solo quello che viene, nasce ed è sostenuto dallo Spirito…” (Gv 1,12-13; Ga 6, 8…).
Una volta incontratosi con Cristo, infatti, Paolo rimase preso da Lui in permanenza. Tutta la sua vita, dal primo momento in poi, è pervasa gradualmente dalla presenza viva del Cristo, che lo plasma dal di dentro, lo spinge ad annunciare il Vangelo, lo assiste e lo consola. Così Paolo giungerà ad affermare che la sua vita è Cristo (cfr Fil 1,21). “Afferrato da Cristo”, egli si lancia nell’apostolato, si fa tutto a tutti, dimenticando il passato. Quando viviamo con Cristo, in Cristo per Cristo, tutta la vita divina viene a noi (fede, speranza e carità; i doni dello Spirito santo) e tutto ciò che è nostro, tutta la nostra realtà (pur vasi di creta con limiti) viene assunto e trasfigurato per l’edificazione del Regno di Dio (Ga 2,20).