«Chi non vive per servire non serve per vivere». Sono parole di don Tonino Bello, spesso ripetute da Papa Francesco. Sono parole forti e, al primo ascolto, sembrano dure, complicate e difficili da “vivere”. Penso invece che servire non sia il verbo dell’umiltà ma il principio essenziale della responsabilità di ogni essere umano. Ogni vita, ogni singola vita è preziosa agli occhi di Dio, è preziosa per l’umanità, è preziosa alla storia. Una vita persa o un milione di vite perse a causa dell’odio e della violenza sono preziose e degne di essere ricordate soprattutto per la “ragione” a causa della quale sono state perse. Odio e violenza continuano a cibarsi di odio e di violenza. Odio e violenza sono sordi e ciechi: non ascoltano le grida di dolore, non vedono il dolore che sta sconvolgendo chi non vuole odio e violenza.
Fino a quando? Arriveremo alla completa distruzione e poi? Chi dirà di aver “vinto” un numero altissimo di morti, potrà riconoscere di essere stato sconfitto dalla stessa vita che ha distrutto? Chiunque esso sia, non potrà dire di essere un uomo. «Se questo è un uomo»… Primo Levi non ha raccontato solo la sua sofferenza, ne ha voluto fare memoria perché non si ripetessero ancora atrocità di uomini verso altri uomini.
Il popolo israeliano e il popolo palestinese, le due società civili hanno sicuramente voglia di pace ma la loro voce non viene ascoltata. Allo sciopero generale di lunedì, che ha bloccato attività e servizi in Israele, hanno partecipato circa 500.000 persone scese in piazza per manifestare la volontà di arrivare ad accordi e a soluzioni definitive.
A Gaza e in Cisgiordania la gente è stremata dalla guerra, dalle sue conseguenze. Gli occhi dei bambini chiedono pace come gli occhi delle tante vittime innocenti. Ora tutto è nelle menti, nel cuore, nelle coscienze di chi può fermare le atrocità della guerra e non lo fa. In questi anni, viviamo in diretta il Bene nelle migliori espressioni e, purtroppo, il Male in tutte le peggiori. L’umanità sembra aver perso il senso profondo della vita, senza seguire le leggi scritte e non scritte di una società che dovrebbe rispettare diritti e valori di ogni essere umano. Non si riesce a sconfiggere il male della guerra che sta distruggendo la vita di tanti innocenti. In queste ore, altre vittime senza colpa hanno perso la vita e la maggior parte erano bambini. Ho confrontato foto di Gaza di oggi e foto precedenti il 7 ottobre: sono le immagini della morte e della vita. Le foto di questi ultimi mesi mostrano morte e distruzione, nelle foto precedenti la guerra mi sembra di percepire voci, suoni, movimenti, vita.
Seguire Cristo significa servire nel concreto, significa avere attenzione, cura e disponibilità verso il prossimo, significa amare e questi non sono solo valori di vita cristiana, sono valori universali. Nelle società civili, in nazioni che si proclamano democratiche sono valori che vengono affermati anche nelle proprie costituzioni. Solo teoria? Cosa succede nella pratica e nel concreto? Quanti governanti, quanti potenti sono a servizio del proprio popolo? Tornando alle parole di don Tonino cosa significa “vivere per servire”? Portando queste parole all’attualità dei nostri giorni, vorrei vedere persone che concretamente si mettono a servizio della pace. Ed è possibile, se ognuno di noi si farà carico di piccole e grandi responsabilità. È possibile per tutti partendo da gesti, parole e azioni di pace. Il “servizio” si concretizza nelle famiglie, nelle comunità, nelle società civili, nei governi nazionali e internazionali. Ed è un servizio a viso aperto che si affronta per risolvere la gravità della guerra, senza girarsi di spalle davanti ad un bambino che muore, senza rimandare la possibile salvezza di tante vite, senza aspettare ancora di sfamare e di soccorrere chi ha perso tutto ma che ha diritto al rispetto della dignità umana.
Come risvegliare le coscienze sotto anestesia che non vengono scosse dalle morti violente e dalle morti lente provocate da malattie, fame, sete e ogni genere di sofferenza? Chi ha il coraggio, la forza e la volontà di fermare un massacro che va avanti da troppo tempo e che ha già mietuto troppe vittime? Le vittime dell’odio e della violenza sono vittime innocenti e basta, non hanno altra identità di nazionalità, credo religioso, razza o colore della pelle.
Finora abbiamo ascoltato parole di condanna per l’una o l’altra parte, abbiamo registrato ipotesi di accordi, visite e incontri per scambi di solidarietà, abbiamo sentito minacce di ulteriori violenze e di vendette ma non abbiamo visto praticare azioni di pace, non abbiamo viste messe in atto le decisioni, tanto pubblicizzate, come risolutrici per un indispensabile cessate il fuoco. Tutti abbiamo responsabilità reciproche, mettiamole a servizio degli altri per rendere vera la possibilità della pace. Il servizio non sia umiliazione o sottomissione, non sia disponibilità ad assecondare poteri e interessi. Il servizio deve seguire la logica dell’amore ed è segnato dalle sue leggi: rispetto e libertà. «Chi serve e dona, sembra un perdente agli occhi del mondo. In realtà, perdendo la vita, la ritrova», sono parole di Papa Francesco, facciamole nostre per servire la verità e la giustizia, per vivere la vera pace.
di Ibrahim Faltas