Il mio amico Paolo, da studente ateo a sacerdote (di Maurizio Patriciello)

I miei dialoghi di seminarista in una parrocchia, quel giovane che si affaccia sulla soglia ma non entra. Finché una sera… La storia di una conversione passata attraverso circostanze imprevedibili
È sabato. Di buon mattino lascio il seminario di Capodimonte e faccio ritorno a casa. Questa sera terrò ai ragazzi della parrocchia cui sono stato affidato l’incontro di catechesi. Durante la settimana ho fatto tesoro delle lezioni di teologia, delle omelie del rettore e del padre spirituale, di tutto ciò che il seminario e la Facoltà mi offre, per mettere insieme una piccola catechesi.

L’appuntamento è presso l’asilo infantile curato dalle suore di Sant’Anna, da più di mezzo secolo presenti nel nostro paese. Il sabato sera per noi è sacro. La grande sala è sempre piena. Prendiamo tutti posto sulle panchette dei bimbi della scuola materna. Altro a disposizione non abbiamo. Ma va bene lo stesso. Non sempre è vero che le comodità siano di stimolo a fare meglio; a volte, accade l’esatto contrario.

Paolo – ma lo saprò solamente dopo – si è messo in testa che Salvatore stia correndo il rischio di essere plagiato. Che, influenzato da me, potrebbe abbandonare gli studi per diventare prete. Mah! Si è imposto allora una missione: liberare l’ingenuo collega dalle mie grinfie. Lui, l’amico ateo, più razionale, più scaltro e risoluto, non permetterà che questo clamoroso inganno si consumi. Perciò è venuto, come sempre, a metterlo in salvo. Questa sera, però, piove a dirotto. Il povero Paolo, riparatosi alla meglio sotto un minuscolo balcone, attende, impaziente, la fine della catechesi. Lo vedo. Gli grido: «Paolo, non ti bagnare… vieni… entra… non ti mangiamo mica…» Si avvicina. Si schermisce. Farfuglia qualcosa. È palesemente imbarazzato. Facciamo quattro chiacchiere. Promettiamo di vederci ancora.

Da quella volta, timidamente, inizia a prendere parte agli incontri. Le barriere, lentamente, si abbassano. Sa di me, della mia famiglia, della mia antica professione. Dell’incontro con fra Riccardo e della scelta di lasciare tutto per imboccare la strada del sacerdozio. Bonariamente ironiche e pungenti arrivano le prime, inevitabili, osservazioni. Si va avanti. Con Paolo non ci annoia. Diventiamo amici. Salvatore e i ragazzi sono contenti. Tutti gli vogliono bene. Paolo, sotto la scorza dura e disincantata, ha un cuore generoso. Adesso lo si vede anche alla Messa animata dai ragazzi, quella di mezzogiorno. All’ultimo banco, però. Ancora un poco ed eccolo farsi più avanti. Entra nel coro. Canta. Si avvicina alla confessione. Fa la comunione. Emerge. È un vulcano di idee. Progetta. Trascina. È un leader nato.

I discorsi si fanno seri. Sempre di più. Quando Dio bussa alla porta della tua vita e la sconvolge non puoi non chiedergli: «E, adesso, Signore? Che vuoi che io faccia?». Ne parliamo. Mi viene la tremarella. Sono solo un seminarista. Non ho ancora la “Grazia di stato”. Pur volendo, non posso permettermi di dargli consigli. Con la vita altrui non si scherza. «Paolo, ascolta, io non so aiutarti. Se vuoi, ti accompagno da padre Armando, il prete che mi segue in seminario, di cui mi fido ciecamente». Accetta.
Padre Armando si assume la responsabilità di aiutarlo a fare luce nel suo animo. Nessuno sa niente, nessuno deve sapere niente, neanche i nostri amici. Inizia, per noi due, un’insopportabile cantilena di bugie. Ogni volta che deve assentarsi per un ritiro spirituale racconta ai genitori che va a preparare un esame da un collega a Ischia. Ovviamente, al porto, lo accompagno io. Giovanni, il papà, ogni volta, mi chiede conferma. Io, ovviamente, lo rassicuro. Poi corro a confessarmi. Tra i tanti peccati che ci insidiano, la menzogna – anche la più innocua – mi ha sempre fatto particolarmente orrore.

Le cose – per me – si mettono maluccio. Paolo vuole fare un’esperienza in seminario. Mio Dio, i genitori già vedono il figlio medico. La reazione della famiglia, che ha intuito qualcosa, mi preoccupa. Smetto di passare davanti a casa sua. La prudenza non è mai troppa. Non si sa mai, gestendo, Giovanni, una macelleria, qualche arnese appuntito è sempre a portata di mano… Scherzo.

Gli anni rotolano. Giugno, festa dei santi Pietro e Paolo. Nel giorno del suo onomastico don Paolo Gaudino è ordinato sacerdote. Prima Messa, la pur ampia chiesa parrocchiale è troppo piccola per contenere i fedeli. In piazza, l’antico consigliere comunale, commosso, stende le mani appena consacrate sul Pane e sul Vino. Tra la folla che li assedia, Giovanni e Maria, i genitori, scoppiano di gioia. Padre Armando Dini, eletto nel frattempo vescovo dei Marsi, tiene una memorabile omelia.

Don Paolo è oggi parroco in Orta di Atella; fondatore e direttore di un importante centro di aiuto ai giovani caduti in ogni tipo di dipendenza. Il dottor Salvatore Garofalo, l’amico che avrebbe voluto strappare alle mie grinfie, invece, è un ottimo pediatra, felicemente sposato e padre di due figli. I misteri di Dio li conosce Iddio.