Lo stadio avveniristico, i grattacieli e i palazzi. Il Papa si dice ammirato di tutto questo. E pone la domanda: “Di che cosa sono fatti?” Le parole di Francesco risuonano all’interno del National Stadium di Singapore, una specie di astronave con la volta a conchiglia, al cui interno trovano posto oltre 50mila fedeli riunitisi per la Messa del Pontefice. La risposta del Vescovo di Roma è a suo modo sorprendente. “All’origine di queste imponenti costruzioni, come di ogni altra impresa che lasci un segno positivo in questo mondo, non ci sono, come molti pensano, prima di tutto i soldi, né la tecnica e nemmeno l’ingegneria – tutti mezzi utili –, ma l’amore: ‘l’amore che edifica’”.
In fondo è quello stesso amore che viene celebrato in ogni Messa e anche in questa che unisce l’antico rito cattolico con lo sguardo sul futuro. Sembra quasi di riascoltare gli ultimi versi del Paradiso di Dante. “L’amor che move il sole e l’altre stelle”. Papa Francesco non cita il sommo poeta, ma ne fa in pratica una parafrasi. “Cari fratelli e sorelle, se qualcosa di buono c’è e rimane in questo mondo, è solo perché, in infinite e varie circostanze, l’amore ha prevalso sull’odio, la solidarietà sull’indifferenza, la generosità sull’egoismo. Senza questo, anche qui nessuno avrebbe potuto far crescere una metropoli così grande, gli architetti non avrebbero progettato, gli operai non avrebbero lavorato e nulla si sarebbe potuto realizzare”.
radice della nostra capacità di amare e di essere amati c’è Dio stesso”. Come disse Giovanni Paolo II proprio qui a Singapore, cita il Papa, “nel nostro amore vediamo un riflesso dell’amore di Dio, e «per questo l’amore è caratterizzato da un profondo rispetto per tutti gli uomini, a prescindere dalla loro razza, dal loro credo o da qualunque cosa li renda diversi da noi”.
Questo comporta che “al di là dello stupore che proviamo davanti alle opere fatte dall’uomo, c’è una meraviglia ancora più grande, da abbracciare con ancora maggiore ammirazione e rispetto: e cioè i fratelli e le sorelle che incontriamo ogni giorno sul nostro cammino, senza preferenze e senza differenze, come ben testimoniano la società e la Chiesa singaporiane, etnicamente così varie e al tempo stesso così unite e solidali!”. In definitiva “l’edificio più bello, il tesoro più prezioso, l’investimento più redditizio agli occhi di Dio siamo noi: figli amati dello stesso Padre, chiamati a nostra volta a diffondere amore”.
L’amore che Dio ci dimostra, e che ci invita a praticare a nostra volta, è così, sottolinea il Papa, nuovamente citando l’omelia di Giovanni Paolo di 38 anni fa: “Risponde generosamente alle necessità dei poveri, è contrassegnato dalla pietà per coloro che soffrono, pronto a offrire ospitalità, fedele nei tempi difficili, sempre disposto a perdonare, a sperare”, al punto di “ricambiare una bestemmia con una benedizione è il fulcro del Vangelo”.
La comunità cattolica di Singapore ha dunque risposto alla grande al richiamo del Papa. Tra i fedeli, c’era anche Joseph Isaac Schooling, oro nei 100 farfalla a Rio de Janeiro 2016. E tra i concelebranti, diversi sacerdoti sono arrivati dal Vietnam. C’era anche il cardinale Stephen Chow di Hong Kong. Francesco, prima della messa ha fatto un largo giro in golf cart tra i fedeli. Sereno e sorridente, ha baciato bambini, stretto mani, accarezzato. Sono passati 11 dei 12 giorni di questo faticoso viaggio. Oggi si torna a Roma dopo altre 13 ore di volo e gli impegni a Singapore), ma Francesco non appare neanche stanco. L’affetto della gente è il suo miglior corroborante.