Qual è stata la prima svolta, professore e ora reverendo Morrill?
La conversione al cattolicesimo. Sono nato nel 1946 vicino a Manchester in una famiglia anglicana. Mio padre lo vedevo spesso inginocchiato accanto al letto a pregare, mia madre era una persona meno devota ma molto impegnata in parrocchia. Io però ho perso la fede quando ero studente universitario a Oxford. Ero arrabbiato con Dio perché non esisteva e volevo che esistesse, ma non riuscivo a trovarlo. Ho passato diverso tempo senza riuscire a entrare in una chiesa.
Che cosa l’ha cambiata?
Cosa è successo poi per farla approdare al cattolicesimo?
A quando risale invece la sua vocazione di storico?
La sua conversione al cattolicesimo le causò problemi nel mondo accademico?
Quale parte della storia dell’Inghilterra come potenza anticattolica le causa più sofferenza?
E Cromwell?
La figura di Cromwell è più complessa di quanto molti pensino. Aveva una profonda fede e cercò di vivere in base ad essa. Pur non condividendone la forma, da cattolico, ho però potuto coglierne l’autenticità. Ciò che gli inglesi fecero in Irlanda in quel periodo fu grave, per altro non meno di vicende che vediamo accadere anche oggi. Ad esempio nel 1641 il 60% delle terre irlandesi era di proprietà dei cattolici, nel 1660 la percentuale era scesa al 20: il 40% era stato tolto ai cattolici e dato ai coloni protestati. Tuttavia, Cromwell non è da biasimare personalmente per tutto ciò che fu commesso allora. Cercò in molti modi di limitare la portata di ciò che avveniva e lo fece in virtù della sua fede cristiana.
Come è maturata in lei l’idea del sacerdozio?
Nel 1996 sono diventato diacono permanente, un ministero in cui ho sempre creduto molto. Per questo quando mia moglie è morta, nel 2006, ho resistito alla proposta del vescovo di diventare sacerdote. Mi sembrava, accettando, di accreditare l’idea che i diaconi sono persone frustrate, che vorrebbero diventare preti ma non possono. Non era il mio caso. C’è stato un lungo discernimento, che è passato anche per il parere delle mie figlie. Un passaggio decisivo è stato il ritiro spirituale che ho trascorso a Mount St. Bernard, l’unico monastero dei cistercensi della stretta osservanza – i trappisti – in Inghilterra. Un monaco di grande esperienza, che vive lì dal 1964, mi chiese cosa avessi intenzione di fare in quei giorni. Io dissi che avevo portato dei libri con me, che avrei letto, fatto lunghe passeggiate. “Non leggerai nulla, tu starai da solo con Dio” mi rispose. Vicino alla foresteria c’è la ricostruzione di un Calvario con un grande crocifisso. Ho passato molto tempo semplicemente a guardarlo. È stata un’esperienza potente.
Come ha vissuto la sua prima Messa da sacerdote?
È stato emozionante. Volevo in qualche modo che anche mia moglie fosse presente. Lei aveva una voce molto bella, così per la processione finale ho usato una registrazione che avevo di lei che cantava un brano composto da padre Joseph Gelineau, religioso francese che negli anni ’60 era molto popolare nella musica sacra, sul cantico dei tre giovani gettati nella fornace dal re Nabucodonosor, nel Libro di Daniele: una celebrazione di Dio e di tutto ciò che ha fatto per noi nella creazione.