Papa Francesco celebra messa con i nuovi cardinali nel giorno dedicato all’Immacolata. Affidandoli alla Vergine ricorda a tutti che, sull’esempio della Madre di Gesù, dobbiamo tornare ad avere un cuore pieno d’amore perché non servono a nulla «i soldi in banca, le comodità negli appartamenti, i finti “contatti” del mondo virtuale, se poi i cuori restano freddi, vuoti, chiusi». Non serve la crescita finanziaria «dei Paesi privilegiati, se poi mezzo mondo muore di fame e di guerra, e gli altri restano a guardare indifferenti».
Dobbiamo essere tutti uomini e donne del sì. Come Maria, con il cuore pieno di amore per Dio e per gli altri. Papa Francesco celebra messa con i nuovi cardinali «a cui ho chiesto di assistermi nel servizio di Pastore della Chiesa universale» e che «vengono da tante parti del mondo, portatori di un’unica Sapienza dai molti volti, per contribuire alla crescita e alla diffusione del Regno di Dio» nel giorno dedicato all’Immacolata. Invita tutti a guardare alla Madre di Gesù perché «il suo cuore pieno d’amore ci conquisti».
Spiega, prendendo a prestito le parole di Paolo VI, che in lei «tutto è armonia, candore, semplicità. È tutto trasparenza, gentilezza, perfezione; è tutto bellezza». E sottolinea tre aspetti: quello di figlia, di sposa e di madre. «Della sua infanzia», dice il Pontefice, «i Testi sacri non parlano. Il Vangelo ce la presenta invece, al suo ingresso sulla scena della storia, come una giovane ragazza ricca di fede, umile e semplice. È la “vergine” , nel cui sguardo si riflette l’amore del Padre e nel cui Cuore puro la gratuità e la riconoscenza sono il colore e il profumo della santità. Qui la Madonna ci appare bella come un fiore, un fiore cresciuto inosservato e finalmente pronto a sbocciare nel dono di sé. Perché la vita di Maria è un continuo dono di sé».
Il secondo aspetto è quello di Sposa, «cioè di colei che Dio ha scelto come compagna per il suo progetto di salvezza. Questo lo dice il Concilio. Dio ha scelto Maria, ha scelto una donna come compagna nel suo progetto di salvezza. Non c’è salvezza senza la donna, perché anche la Chiesa è donna», chiarisce. E aggiunge che «Lei risponde “sì” dicendo: “Ecco la serva del Signore”. “Serva” non nel senso di “asservita” e “umiliata”, ma di persona “fidata”, “stimata”, a cui il Signore affida i tesori più cari e le missioni più importanti. La sua bellezza allora, poliedrica come quella di un diamante, rivela una faccia nuova: quella della fedeltà, della lealtà e della premura che caratterizzano l’amore reciproco degli sposi. Proprio come intendeva San Giovanni Paolo II, quando scriveva che l’Immacolata “ha accettato l’elezione a Madre del Figlio di Dio, guidata dall’amore sponsale, che “consacra” totalmente a Dio una persona umana”».
Infine la dimensione della Madre. «È il modo più comune in cui la raffiguriamo: con in braccio il Bambino Gesù, oppure nel presepe, chinata sul Figlio di Dio che giace nella mangiatoia. Sempre presente accanto a suo Figlio in tutte le circostanze della vita: vicina nella cura e nascosta nell’umiltà; come a Cana, dove intercede per gli sposi, o a Cafarnao, dove è lodata per il suo ascolto della Parola di Dio o infine ai piedi della croce, la mamma di un condannato, dove Gesù stesso ce la consegna come madre. Qui l’Immacolata è bella nella sua fecondità, cioè nel suo saper morire per dare la vita, nel suo dimenticare sé stessa per prendersi cura di chi, piccolo e indifeso, si stringe a Lei».
Non dobbiamo pensare, però, a Maria come a «una bellezza lontana, troppo alta, irraggiungibile. Non è così. Anche noi infatti la riceviamo in dono, nel Battesimo, quando veniamo liberati dal peccato e fatti figli di Dio. E con essa ci è affidata la chiamata a coltivarla, come la Vergine, con amore filiale, sponsale e materno, grati nel ricevere e generosi nel donare, uomini e donne del “grazie”, uomini e donne del “sì”, detti con le parole, ma soprattutto con la vita».
L’Immacolata allora non è un mito o «una dottrina stratta, un ideale impossibile», è, invece, «la proposta di un progetto bello e concreto, il modello pienamente realizzato della nostra umanità, attraverso cui, per grazia di Dio, possiamo tutti contribuire a cambiare in meglio il nostro mondo».
Un mondo in cui la «pretesa del primo peccato, di voler essere “come Dio”» continua a «ferire l’umanità». Ma, sottolinea Francesco, «questa presunzione di autosufficienza non genera né amore, né felicità». Cita chi rifiuta i figli, chi «considera gli altri come un oggetto o come un fastidio, chi ritiene la condivisione una perdita e la solidarietà un impoverimento» per dire che «questa gente non diffonde gioia né futuro». E allora «a cosa servono i soldi in banca, le comodità negli appartamenti, i finti “contatti” del mondo virtuale, se poi i cuori restano freddi, vuoti, chiusi? A cosa servono gli alti livelli di crescita finanziaria dei Paesi privilegiati, se poi mezzo mondo muore di fame e di guerra, e gli altri restano a guardare indifferenti? A cosa serve viaggiare per tutto il pianeta, se poi ogni incontro si riduce all’emozione di un momento, a una fotografia che nessuno ricorderà più nel giro di qualche giorno o qualche mese?». Guardando all’Immacolata dobbiamo chiedere «che il suo Cuore pieno d’amore ci conquisti, che ci converta e che faccia di noi una comunità in cui la figliolanza, la sponsalità e la maternità siano regola e criterio di vita: in cui le famiglie si riuniscono, gli sposi condividono ogni cosa, i padri e le madri sono presenti in carne e ossa vicino ai loro figli e i figli guardino i padri e le madri. Questa è la bellezza di cui ci parla l’Immacolata, questa è la “bellezza che salva il mondo” e di fronte a cui vogliamo rispondere anche noi al Signore, come Maria: “Eccomi […], avvenga per me secondo la tua parola”».