
Ecco cosa dice la dottrina sociale della Chiesa sull’uso delle armi e sulla partecipazione ai conflitti.
Stiamo vivendo un momento storico complesso, e come discepoli di Gesù e cittadini siamo chiamati ad affrontarlo con intelligenza, senza banalizzare i discorsi altrui o adottare posizioni ideologiche. La Cina e la Russia aumentano le loro capacità convenzionali e di cyberguerra. La Russia segue da 80 anni una politica espansionista inarrestabile (ormai controlla regioni in Giappone, Giorgia, Moldavia e Ucraina). Nel passato i Paesi dell’Ue hanno limitato la spesa militare, dando per scontata la protezione degli Usa, ma è la seconda volta in dieci anni che questa protezione viene seriamente messa in dubbio.
L’Europa sta esplorando varie piste per il riarmo (si vedano i nostri servizi da pag. 26). La situazione è triste: gli armamenti servono per uccidere e distruggere. Sono costosi, e la tentazione è quella di tagliare i programmi del welfare o gli aiuti allo sviluppo, già sotto grave minaccia. L’aumento della sofferenza dei più poveri non solo offende la dignità umana, ma diminuisce la sicurezza, perché questa sofferenza viene sfruttata dai violenti.
Quale riarmo? Non tutte le armi sono uguali. La Chiesa ha ripetutamente condannato l’uso di armi atomiche, biologiche e chimiche (Abc), considerandole strumenti di distruzione indiscriminata e immorale, e sottolineandone i rischi ambientali. Papa Francesco ha duramente criticato anche il possesso: il fatto che esistano questi armenti è una struttura mondiale di peccato, e il disarmo Abc pattuito e multilaterale è un dovere di tutti. Se non lo cerchiamo attivamente con altri manterremo una situazione immorale. Il problema, però, è che il disarmo Abc unilaterale rischia di incoraggiare gli stati vicini espansionisti; l’Ucraina è il caso più emblematico.
Il dibattito attuale non è tanto sugli Abc ma sulle armi convenzionali. I paesi dell’Ue spendono tanti soldi nel militare per combattere il terrorismo e per militarizzare le frontiere allontanando rifugiati e migranti. Bisogna investire diversamente? Come individui cristiani, possiamo scegliere di non resistere alla violenza. Ma siamo anche cittadini, e i nostri Stati hanno la responsabilità, con altri, di proteggere le vittime di genocidio e le gravi violazioni dei diritti umani (Benedetto XVI all’Onu, 2008). Hanno il diritto di difendere sé stessi da aggressioni e di fare alleanze per dissuadere l’aggressione da parte di terzi. Hanno il dovere di rispettare i patti. Per fare tutto questo, normalmente servono le armi convenzionali, magari rese meno letali dalle nuove tecnologie. Per queste armi serve una regolazione multilaterale, ma anche la capacità di farla rispettare. E nel contesto attuale, con il Consiglio di Sicurezza dell’Onu bloccato, serve un discernimento su quali investimenti possono più efficacemente sostenere una pace giusta in un mondo segnato dal peccato.