La santità dei martiri è «un modello forte» per la Chiesa «dalle comunità delle origini fino ai giorni nostri». Lo ha ricordato il Papa nel discorso rivolto stamane ai partecipanti al convegno del Dicastero delle cause dei santi su «La dimensione comunitaria della santità», apertosi lunedì 13 novembre all’Istituto patristico Augustinianum e conclusosi oggi con l’udienza papale nella Sala Clementina.

Cari fratelli e sorelle,
benvenuti!

Vi saluto con gioia al termine del convegno sul tema La dimensione comunitaria della santità, organizzato dal Dicastero delle Cause dei Santi. Ringrazio il Cardinale Marcello Semeraro, gli altri Superiori, gli Officiali, i Postulatori, mons. Paglia e tutti voi, partecipanti ai lavori di queste giornate.

Mi avete donato il commentario all’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate, pubblicato dal Dicastero nel 10° anniversario del mio pontificato. Grazie di cuore! Mi auguro che le riflessioni contenute nel volume aiutino molti a comprendere sempre meglio la chiamata universale alla santità.

Questo tema della vocazione universale alla santità, e in essa la sua dimensione comunitaria, è molto caro al Concilio Vaticano ii, che ne ha parlato specialmente nella Lumen gentium (cfr. cap. v). Non a caso, in questa prospettiva, è cresciuto in anni recenti il numero delle beatificazioni e canonizzazioni di uomini e donne appartenenti a diversi stati di vita: sposi, celibi, sacerdoti, consacrate, consacrati e laici di ogni età provenienza e cultura, anche famiglie, penso a quella polacca martire. In particolare, in Gaudete et exsultate ho voluto richiamare l’attenzione sull’appartenenza di tutti questi fratelli e sorelle al «santo popolo fedele di Dio» (n. 6); come pure sulla loro vicinanza a noi, come santi «della porta accanto» (n. 7), membri delle nostre comunità, che hanno vissuto una grande carità nelle piccole cose della vita quotidiana, pur con i loro limiti e difetti, seguendo Gesù fino alla fine. Perciò ora vorrei riflettere con voi proprio su questo tema evidenziandone, tra i tanti possibili, tre aspetti: la santità che unisce, la santità familiare e la santità martiriale.

Primo: la santità che unisce. Sappiamo che la vocazione alla quale tutti siamo chiamati si compie prima di tutto nella carità (cfr. Lumen gentium, 40), dono dello Spirito Santo (cfr. Rm 5, 5) che unisce in Cristo e ai fratelli: dunque essa è un evento non solo personale, ma anche comunitario. Quando Dio chiama il singolo, è sempre per il bene di tutti, come nei casi di Abramo e Mosè, di Pietro e Paolo. Chiama il singolo per una missione. E del resto come Gesù, Buon Pastore, chiama per nome ciascuna delle sue pecore (cfr. Gv 10, 3) e cerca la smarrita per riportarla all’ovile (cfr. Lc 15, 4-7), così la risposta al suo amore non può che realizzarsi in una dinamica di coinvolgimento e intercessione. Ce lo mostra il Vangelo, ad esempio per Matteo che, appena chiamato da Gesù, invita i suoi amici all’incontro con il Messia (cfr. Mt 9, 9-13) o per Paolo che, incontrato il Risorto, diviene l’Apostolo delle genti. L’incontro con Gesù ha questa dimensione comunitaria.

Questa realtà è espressa in modo particolarmente toccante da Santa Teresa di Gesù Bambino, alla quale, nel 150° anniversario della nascita, ho dedicato l’Esortazione apostolica C’est la confiance. Ella, nei suoi scritti, con un’immagine biblica suggestiva contempla l’umanità intera come il «giardino di Gesù», il cui amore abbraccia tutti i suoi fiori in modo al tempo stesso inclusivo ed esclusivo (cfr. Manoscritto A, 2rv), e chiede di essere accesa fino all’incandescenza dal fuoco di tale amore, per condurvi a sua volta tutti i fratelli (cfr. Manoscritto C, 34r-36v). È l’evangelizzazione «per attrazione» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 14), la testimonianza, frutto al tempo stesso della più alta esperienza mistica di amore personale e della «mistica del noi» (Cost. ap. Veritatis gaudium, 4a). In essa si compenetrano le due modalità di presenza del Signore, sia nell’intimo della singola persona (cfr. Gv 14, 23), sia in mezzo a quelli che sono riuniti nel suo Nome (cfr. Mt 18, 20); nel “castello dell’anima” e nel “castello della comunità”, per usare un’immagine cara a Teresa d’Avila (cfr. Il castello interiore). La santità unisce e attraverso la carità dei santi noi possiamo conoscere il mistero di Dio che «unito […] ad ogni uomo» (Cost. past. Gaudium et spes, 22) abbraccia nella sua misericordia l’intera umanità, perché tutti siano una cosa sola (cfr. Gv 17, 22). Quanto il nostro mondo ha bisogno di ritrovare in tale abbraccio unità e pace!

Passiamo al secondo punto: la santità familiare. Essa risplende eminentemente nella Santa Famiglia di Nazaret (cfr. Gaudete et exsultate, 143). E tuttavia la Chiesa oggi ce ne propone molti altri esempi: «coppie di sposi sante, in cui ognuno dei coniugi è strumento per la santificazione dell’altro» (ibid. 141). Pensiamo ai santi Luigi e Zelia Martin; ai beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi; ai venerabili Tancredi e Giulia di Barolo; ai venerabili Sergio e Domenica Bernardini. La santità degli sposi, oltre che santità particolare di due persone distinte, è anche santità comune nella coniugalità: dunque moltiplicazione — e non semplice addizione — del dono personale di ciascuno, che si comunica. E un esempio luminoso di tutto questo — come ho accennato all’inizio — ci è stato recentemente offerto nella beatificazione degli sposi Jozef e Wiktoria Ulma e dei loro sette figli: tutti martiri. Anch’essi ci ricordano che «la santificazione è un cammino comunitario, da fare a due a due» (ibid.), e non da soli. Sempre agire con la comunità.

E veniamo così al terzo punto: la santità martiriale. È un modello forte, di cui abbiamo tanti esempi lungo la storia della Chiesa, dalle comunità delle origini fino all’epoca moderna, nel corso dei secoli e in varie parti del mondo. Non c’è un periodo che non abbia avuto i suoi martiri, fino ai nostri giorni. E noi pensiamo che questi martiri sono cose che non esistono. Ma pensiamo a un caso di vita cristiana vissuta in un martirio continuo: il caso di Asia Bibi, che per tanti anni era in carcere, e la figlia le portava l’Eucaristia. Tanti anni fino al momento in cui i giudici hanno detto che era innocente. Quasi nove anni di testimonianza cristiana! È una donna che continua a vivere, e sono tanti, tanti così, che danno testimonianza della fede e della carità. E non dimentichiamo che anche il nostro tempo ha tanti martiri! Spesso si tratta di «intere comunità che hanno vissuto eroicamente il Vangelo o che hanno offerto a Dio la vita di tutti i loro membri» (ibid.). E il discorso si amplia ulteriormente se consideriamo la dimensione ecumenica del loro martirio, ricordando gli appartenenti a tutte le confessioni cristiane (cfr. ivi, 9). Pensiamo ad esempio al gruppo dei ventuno martiri copti recentemente introdotti nel Martirologio romano. Morivano dicendo: “Gesù, Gesù”, sulla spiaggia.

Cari fratelli e sorelle, la santità dà vita alla comunità e voi, con il vostro lavoro, ci aiutate a capirne e a celebrarne sempre meglio la realtà e le dinamiche, nei numerosi e vari cammini che vagliate e proponete alla nostra venerazione; diversi, ma tutti rivolti alla stessa meta: la pienezza dell’amore. Questo è il cammino della santità.

Vi ringrazio tanto per questo e vi incoraggio a continuare con gioia la vostra bella missione, per il bene dei singoli e per la crescita delle comunità. Vi benedico di cuore e, vi raccomando, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!

L’amicizia unita alla carità fa i santi

La santità è dono di sé, incontro, relazione. In questo senso, anche l’amicizia è importante, a partire dalle parole di Gesù: «Vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15, 15). Così il cardinale prefetto Marcello Semeraro ha tirato le somme del convegno sul tema «La dimensione comunitaria della santità» promossa dal Dicastero delle cause dei santi. I lavori — iniziati lunedì 13 novembre presso l’Istituto patristico Augustinianum di Roma — si sono conclusi nel pomeriggio di mercoledì  15  con la sessione moderata dal direttore de «L’Osservatore Romano», Andrea Monda, prima dell’udienza papale di questa mattina.

Nel suo intervento Semeraro  ha detto che l’amicizia tra i santi è un tema da approfondire, tanto da chiedersi: «cosa accadrebbe se la communio sanctorum la volgessimo in amicitia sanctorum?». Il porporato ha ricordato il canto medievale Ubi est charitas et dilectio, ibi sancta est congregatio, che congiunge la carità e l’amicizia ed «è questo che fa i santi, rende presente una congregatio sancta». È vero allora, ha aggiunto, che ci sono santi che «fanno amicizia tra loro, ma è pure vero che c’è una amicizia, quella unita alla carità, che fa i santi. L’amicitia sanctorum».

Precedentemente, il carmelitano scalzo  François Marie Léthel, della Pontificia università teologica Teresianum, aveva sviluppato il tema «L’esercizio delle virtù eroiche nella comunità coniugale», sottolineando che un avvenimento di grande importanza per la Chiesa è stata la beatificazione di un’intera famiglia il 10 settembre scorso: Josef e Wiktoria Ulma con i loro sette figli martiri. Il più piccolo ucciso dai nazisti era un nascituro, «una straordinaria novità, tanto significativa». Il religioso ha ricordato che nella Polonia occupata dai nazisti, Jozef e Wiktoria avevano accolto otto ebrei, «membri di due famiglie e li avevano nascosti per un anno e mezzo nella loro fattoria». Questa «drammatica riunione di una famiglia ebrea e di una cristiana nello stesso martirio — ha evidenziato — ha un significato molto profondo e offre la luce più bella sull’amicizia giudeo-cristiana». Padre Léthel ha rimarcato  che la beatificazione della famiglia Ulma fa conoscere ancor di più la «dimensione comunitaria della santità, nella grazia del martirio».

«La politica come azione edificatrice di comunità», è stato invece il tema dell’economista Stefano Zamagni, docente dell’Alma Mater Studiorum di Bologna. Il docente ha  fatto riferimento al «transumanesimo», cioè al tentativo da parte di alcuni centri di ricerca, soprattutto della Silicon Valley, negli Stati Uniti d’America, di sostituire l’uomo ricorrendo alla cosiddetta intelligenza artificiale super intelligente. Zamagni ha citato anche “Economy of Francesco”, il movimento internazionale di giovani economisti, imprenditori e change-makers impegnati in un processo di dialogo inclusivo e di cambiamento globale orientato a una nuova economia.