Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus

Non si sa dove si trovi la città di Emmaus citata dal racconto; in Palestina ci sono due luoghi con questo nome. Non sappiamo neanche se quei due discepoli abitassero ad Emmaus. Possiamo supporre che quel loro andare sia come una specie di fuga psicologica. Dopo tutto quello che è accaduto, sono ben contenti di allontanarsi da Gerusalemme e di non dover parlare con nessuno. Per questo, nelle meditazioni, il cammino verso Emmaus è diventato il simbolo dello stato d’animo della desolazione. L’uomo desolato, oggi si direbbe depresso, vive un acuto senso di fallimento: è crollato ciò che pensava di avere costruito nella vita, tutto ciò a cui ha creduto si è rivelato illusorio. Alcune volte la depressione è dovuta a circostanze precise, ma molte volte si tratta di un vuoto psicologico. Il primo impulso, in questi casi, è lasciare tutto e fuggire altrove. Invece per combattere la disperazione bisogna comportarsi esattamente all’opposto, non cambiare luogo, né lavoro, né prendere alcuna decisione. È anche il consiglio degli esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola.

Spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui

Sant’Agostino racconta di avere vissuto un’esperienza particolare. Durante una profonda crisi in cui non riusciva a fare chiarezza nei pensieri del suo cuore, sentì come una voce: “Prendi la Scrittura e leggi!”. Anche san Girolamo ha vissuto momenti difficili, tormentato da molte tentazioni. Non lo aiutava la fuga dal mondo, ma la lettura della Scrittura. Sono esperienze che raccontano in molti, e Origene spiega il perché.

La Scrittura contiene la parola di Dio, e la stessa parola ha creato anche la nostra anima e parla nella nostra coscienza. Quando leggiamo i testi del libro sacro, percepiamo la loro affinità con la nostra anima. Le parole della Scrittura per il cuore sono come un balsamo che mitiga il dolore e dà la giusta direzione ai pensieri.

Succede anche l’opposto, cioè quello che sperimentano i discepoli sulla via per Emmaus. La propria esperienza di vita, gioiosa o tragica, quando si proietta nella Bibbia, dà una comprensione più profonda del testo. L’anima e la Scrittura, in armonia, ci insegnano a conoscere la vera realtà.

L’avevano riconosciuto nello spezzare il pane

I discepoli confessano che durante la spiegazione della Scrittura ardeva loro il cuore, sentivano come un’affinità fra quelle parole e le loro speranze. Ma riconoscono Gesù solo quando spezza il pane. Il racconto è emblematico. Cristo stesso, che vive nelle aspirazioni buone del nostro cuore, parla nelle Scritture; lo incontriamo personalmente nell’eucarestia celebrata nella Chiesa. Ciò che forma la grande esperienza cristiana non ha bisogno di altre testimonianze: il cristiano è sicuro di vivere nella verità.

I non credenti si stupiscono del fatto che un cattolico intelligente possa credere che Dio sia presente in un pezzo di pane e in un calice di vino. Un sacerdote, persona semplice che non amava le disquisizioni teologiche, diede una risposta a modo suo: “Se sono stanco di camminare e mangio un pezzo di pane e mi tornano le forze, non c’è bisogno di provare che il pane mi ha ricaricato, me lo dice l’esperienza. Così è anche con la comunione del pane eucaristico.” L’esperienza di tutta la Chiesa dice che nei sacramenti, specialmente nell’eucarestia, incontriamo Cristo che è la vita che supera le debolezze e la morte.