«Questa parola», afferma monsignor Domenico Pompili, «non significa un semplice “cessate il fuoco” ma va declinata in ogni aspetto della vita: famiglia, lavoro, politica, scuola. Francesco è l’unico leader capace di pronunciarla in modo credibile»
Era il 1986 quando i “Beati i costruttori di pace” promossero, a Verona, un evento che, accolto dall’Arena della città, ne prese subito il nome.
Il Muro di Berlino doveva ancora crollare e giovani e meno giovani si dettero appuntamento il 4 ottobre, giorno di San Francesco. Da allora, altre realtà si sono unite nell’organizzazione per gli otto eventi (l’ultimo il 25 aprile 2014) che hanno chiesto, a più voce, la fine dei conflitti armati. Storiche sono rimaste la partecipazione di don Tonino Bello alla giornata del 1989 e l’edizione straordinaria del 1991 mentre era in corso la guerra del Golfo.
L’appuntamento del 18 maggio, promosso dalla diocesi e, tra gli altri, anche dalla Fondazione Nigrizia e Missione oggi, sarà presieduto da papa Francesco. Il Pontefice arriverà al mattino per incontrare sacerdoti e giovani e, dopo l’appuntamento per i lavori di Arena di pace 2024, che ha come titolo “Giustizia e pace si baceranno”, visiterà anche il carcere e pranzerà con i detenuti. Dopo la Messa delle 15 farà ritorno in Vaticano.
Com’è cambiato negli anni il “popolo della pace”?
«Prima del popolo della pace», spiega monsignor Domenico Pompili, vescovo della città, «penso sia cambiata proprio la storia. L’ordine mondiale è andato scomponendosi a partire, paradossalmente, dal crollo del muro di Berlino. Di conseguenza, la politica ha perso capacità di incidenza, sotto l’effetto congiunto della digitalizzazione e della crisi ambientale. Oggi la pace resta appannaggio di singoli e dei cosiddetti movimenti popolari che, dal basso e a mani nude, alimentano la resistenza alla guerra, mentre la politica resta impigliata dentro logiche asfi ttiche che fanno ritenere inevitabile il conflitto».
Qual è l’obiettivo che vi siete dati con quest’incontro?
«Arena di pace 2024 vuole contrastare ogni forma di rassegnazione. Se c’è un pericolo oggi è l’assuefazione alla guerra e alla violenza. Arena di pace vuol stare dalla parte delle vittime. Oggi non è più possibile la neutralità o l’imparzialità; bisogna stare dalla parte di tutte le vittime: bambini e donne, civili e militari, giovani e anziani, palestinesi e israeliani».
È rimasto storico il grido di don Tonino Bello, allora vescovo di Molfetta, nell’edizione del 1989: “In piedi, costruttori di pace”. Chi sono oggi i costruttori di pace?
«La pace non si riduce a un cessate il fuoco, ma è una cultura, anzi deve diventare una mentalità diffusa. Deve cioè penetrare e far breccia in tutti gli ambiti di vita: dal lavoro alla famiglia, dalla politica alla scuola. La sensazione qualche volta è che si è perduta da noi in Occidente la percezione reale del disastro umano e ambientale che producono le guerre in corso. E sono centinaia anche in questo momento. Lontani dalla tragedia ci si diletta ad argomentare a favore o contro la guerra. Mentre la realtà travolge tutto e chi potrebbe raccontarne gli effetti devastanti tace per sempre».
Arena 2024 non è un evento isolato ma un percorso, come vi siete preparati?
«L’appuntamento si riallaccia all’esperienza delle Arene di pace degli anni Ottanta e Novanta. Ad Arena di pace 2024 hanno aderito oltre 500 delegati in rappresentanza di 140 realtà della società civile. Ci siamo preparati attraverso una serie di appuntamenti su ambiente; democrazia e diritti; lavoro, economia e finanza; migrazioni; disarmo. Ma soprattutto grazie a una mobilitazione di tutti quei “poeti sociali” che animano la vita del mondo di oggi a diversi livelli: economico, culturale, assistenziale, educativo. Interverranno, tra l’altro, figure di respiro internazionale come l’attivista ugandese Vanessa Nakate, la giornalista afgana Mahmouba Seraj, il regista inglese Ken Loach, l’economista e attivista brasiliano João Pedro Stedile».
Cosa vi aspettate dalla visita del Papa?
«La presenza di papa Francesco, che è l’unico leader mondiale capace di pronunciare la parola pace in modo credibile, è il valore aggiunto e l’originalità di questa Arena di pace 2024».
Come proseguirà, o come sperate possa proseguire, il cammino, dopo?
«L’intento è di dare continuità a questa esperienza che nacque dal dialogo tra credenti e non credenti, desiderosi di sviluppare un’autentica cultura della pace. Ovviamente l’obiettivo è di dare un seguito all’appuntamento con papa Francesco alimentando, specie tra i più giovani, percorsi che portino al confronto culturale, al dialogo tra le generazioni, alla inclusività sociale ed economica. Fuori da queste cose non si dà la possibilità di costruire la pace, ma solo di alimentare il conflitto».