La documentazione più antica sulle stimmate consta di alcuni scritti di varia natura agiografica; mi soffermo qui sui più importanti (e tra i più antichi), dai quali gli altri, nella sostanza, dipendono: si tratta della cosiddetta Lettera enciclica sul transito di san Francesco di frate Elia, della Vita del beato Francesco di Tommaso da Celano (impropriamente nota come Vita prima); delle rubriche apposte di sua mano da frate Leone sulla Chartula che gli fu consegnata da Francesco sulla Verna nel 1224.
Nella sua lettera Elia presenta le stimmate come delle trafitture, dei fori prodotti dai chiodi penetrati nella carne che risultavano visibili da una parte e dall’altra sia delle mani sia dei piedi e non mostravano il colore del sangue quanto, piuttosto, il colore nerastro del metallo. Inoltre, precisando che quella al costato sanguinava frequentemente, egli lascia intendere che il fenomeno non riguardasse anche le altre ferite.
Anche frate Leone – come Tommaso – salda i due momenti, ovvero l’apparizione del Serafino e l’impressione delle stimmate, accennando, oltre che alla visione, anche alle «parole del Serafino». In conclusione, Francesco visse un’esperienza intensa alla Verna, che – teste Tommaso – rivelò a un solo testimone, frate Leone con tutta probabilità. Dopo la morte dell’Assisiate e l’annuncio dato da Elia, la notizia divenne di dominio comune, ciò che spinse anche quell’unica persona partecipe del segreto a renderne testimonianza. C’è da dire, peraltro, che Tommaso, presentando le stimmate come escrescenze carnose in forma di chiodi, e insistendo su tale descrizione, scelse la via più difficile, perché parlare di fori, sulla scorta del testo evangelico (Gv 20,25), sarebbe stato per lui più semplice; se insistette su tale aspetto fu – io credo – in obbedienza alle testimonianze ricevute, a dimostrazione evidente della sua onestà intellettuale. Leone, pur confermandone il racconto, aggiunse nuovi particolari, secondo quell’ottica d’integrazione che presiede al costruirsi delle agiografie francescane nel corso del Duecento. La teoria di una pretesa opposizione tra la sua testimonianza e quella di Elia e Tommaso, all’esame dei testi, non regge. Certo, l’accettazione del fatto non fu pacifica, né accolta ovunque con serenità. La novità del miracolo – e forse anche l’uso che ne fu fatto – favorì certamente reazioni contrarie, che non riescono però a infirmare un dato di fatto concordemente attestato dalle fonti.